Si sente spesso parlare della vita cristiana esuberante e Gesù ha affermato di essere venuto sulla terra per darci la vita eterna e darcela ad esuberanza. Ma spesso non si sa bene che cosa sia nella pratica questo tipo di vita.
Perciò è bene sapere che cosa NON è, tanto per partire col piede giusto.
Non è essere sempre entusiasti.
Non è essere sempre sprizzanti di gioia, come se stessimo per esplodere e avessimo vinto la lotteria di capodanno.
Non è gridare tutto il tempo “Gloria a Dio!” e non è neppure dare pacche sulle spalle della gente e affermare che con Gesù non ci sono problemi.
La vita esuberante è una cosa molto più seria che si dimostra anche quando tutto sembra andare storto, quando stai male e il dottore ti dice che hai il cancro, quando una persona molto cara ti tradisce, parla male di te e ti ferisce, quando ti sembra di essere arrivato alla fine di tutta la tua forza e quando per una tua stupidità che non conosci, il tuo computer ti perde una massa di dati importanti e devi ricominciare da capo il lavoro di settimane.
Allora, cos’è?
È una vita che comincia quando il Signore ti chiama per nome e lo Spirito Santo ti convince che sei perduto, che sei un peccatore senza speranza. Allora, tu stendi la mano come il peggiore mendicante, per ricevere il dono della vita eterna, cioè la salvezza acquistata da Gesù sulla croce, morendo al tuo posto.
È una nuova vita che ti porta delle benedizioni eterne. Fa di te una nuova creatura, innesta in te la natura divina, come dice l’Apostolo Pietro, fa del tuo corpo il tempio dello Spirito Santo, ti rende membro della famiglia di Dio e ti aiuta a pensare e a agire secondo i pensieri e la volontà di Dio. Tutto questo comporta delle benedizioni per questa vita e delle sicurezze riguardo all’eternità. In poche parole, è una vita di stretto contatto col Signore.
È anche una nuova vita che comporta delle responsabilità personali. La prima, come ho detto, un momento fa, è appropriarsene con un atto di fede personale in Cristo, credendo a quello che Lui ha detto e fatto e riconoscendolo come unico Salvatore e Signore della propria vita.
E poi, di conseguenza, non ascoltare altre voci e ubbidire unicamente alla voce del Pastore. Lui oggi non parla per mezzo di sogni, visioni, profezie umane. Non si serve di intuizioni filosofiche o di teorie di scienziati e psicologi. Parla solo per mezzo della Bibbia.
E la conoscenza approfondita della Bibbia produce una realtà di vita in comunione con Dio, di unità e armonia con Lui. Un’amicizia e famigliarità col Padre celeste, che ci permette di dirgli tutto, di godere della sua approvazione, di comprendere i suoi rimproveri e di avere la sicurezza costante della sua cura. Questa è la vita esuberante che Gesù ha promessa e che dipende dalla sua potenza e dalla sua misericordia.
Ma c’è ancora un po’ di più. Ne parliamo insieme la prossima volta.
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Qualcuno ti vede...
“L’Italia è dall’altra parte!” ci ha detto una persona mentre uscivamo da un MacDonald. Eravamo in America e stavamo andando verso la nostra macchina ferma nel parcheggio.
Non pensavamo che qualcuno ci conoscesse da quelle parti. Invece era proprio un amico di vecchia data. È stata una piacevole sorpresa rivederlo.
Non siamo famosi, ma è successo parecchie volte di essere riconosciuti in posti in cui pensavamo che nessuno sapesse chi siamo.
Per esempio, una volta eravamo, mio marito ed io, in un bosco nel nord del Michigan, nella zona che si chiama Upper Peninsula, un posto in cui è più facile trovare un orso o un cervo che una persona. Seguivamo un sentiero ben tracciato e sentiamo una voce: “Bill Standridge, che fai qui? Non sei in Italia?”.
Era un vecchio amico del padre di Bill che faceva anche lui una passeggiata da quelle parti e che Bill non aveva visto da anni. Ci siamo salutati, scambiato notizie e fatto un po’ di cammino insieme.
Un’altra volta eravamo nella Carolina del Sud in un bellissimo centro per conferenze e convegni. Abbiamo ascoltato un oratore molto preparato che parlava di profezia e di attualità. Alla fine della riunione, mentre si vuotava la sala, una voce tonante si è levata: “Viva l’Italia! Mamma mia!” Era un professore della facoltà di teologia che Bill ha frequentato, circa vent’anni fa. Ci aveva visti e aveva usato, per attirare la nostra attenzione, tutto l’italiano che sapeva. È stato bello rivederlo.
Un’altra volta ancora, eravamo in vacanza in Svizzera in un paesino dove degli amici ci avevano dato l’uso di un loro appartamento. Dopo cena, eravamo usciti a fare due passi e guardavamo una vetrina.
“Ma guarda chi si vede! Gli Standridge!” Erano degli amici di Roma. Chi mai avrebbe immaginato di trovarli lì?
Nella vita non si finisce mai di imparare e questi incontri, assolutamente imprevisti, ci hanno ricordato e insegnato quanto sia importante comportarsi bene e fare le cose giuste anche quando pensiamo che nessuno ci potrebbe vedere.
“Che importa se lo faccio? Tanto qui nessuno mi conosce” possiamo pensare.
Invece, in ogni modo, c’è Uno che non ci perde mai di vista e ci accompagna ovunque.
È il Signore. Perciò è importante andare nei posti dove Lui sia contento di accompagnarci, fare le cose che farebbe anche Lui e che approverebbe. E dove noi saremmo contenti di trovarci quando verrà a prenderci per portarci con sé in cielo.
Non vorremmo mai essere scoperti da un amico che ci stima in una bettola o in un cinema a luci rosse. Ma come ci piacerebbe essere trovati dal Signore mentre siamo a scuola e stiamo ingannando il professore, copiando il compito da un compagno? O se in ufficio facessimo i fatti nostri anziché lavorare? O stessimo compilando disonestamente la cartella delle tasse?
Ogni accenno al ritorno del Signore, nella Bibbia, è accompagnato con un’esortazione alla buona condotta e alla santificazione. Lo avevate già notato? Perciò sarebbe molto brutto dover fare la faccia rossa al momento del nostro incontro con Lui. Non vi pare?
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Non pensavamo che qualcuno ci conoscesse da quelle parti. Invece era proprio un amico di vecchia data. È stata una piacevole sorpresa rivederlo.
Non siamo famosi, ma è successo parecchie volte di essere riconosciuti in posti in cui pensavamo che nessuno sapesse chi siamo.
Per esempio, una volta eravamo, mio marito ed io, in un bosco nel nord del Michigan, nella zona che si chiama Upper Peninsula, un posto in cui è più facile trovare un orso o un cervo che una persona. Seguivamo un sentiero ben tracciato e sentiamo una voce: “Bill Standridge, che fai qui? Non sei in Italia?”.
Era un vecchio amico del padre di Bill che faceva anche lui una passeggiata da quelle parti e che Bill non aveva visto da anni. Ci siamo salutati, scambiato notizie e fatto un po’ di cammino insieme.
Un’altra volta eravamo nella Carolina del Sud in un bellissimo centro per conferenze e convegni. Abbiamo ascoltato un oratore molto preparato che parlava di profezia e di attualità. Alla fine della riunione, mentre si vuotava la sala, una voce tonante si è levata: “Viva l’Italia! Mamma mia!” Era un professore della facoltà di teologia che Bill ha frequentato, circa vent’anni fa. Ci aveva visti e aveva usato, per attirare la nostra attenzione, tutto l’italiano che sapeva. È stato bello rivederlo.
Un’altra volta ancora, eravamo in vacanza in Svizzera in un paesino dove degli amici ci avevano dato l’uso di un loro appartamento. Dopo cena, eravamo usciti a fare due passi e guardavamo una vetrina.
“Ma guarda chi si vede! Gli Standridge!” Erano degli amici di Roma. Chi mai avrebbe immaginato di trovarli lì?
Nella vita non si finisce mai di imparare e questi incontri, assolutamente imprevisti, ci hanno ricordato e insegnato quanto sia importante comportarsi bene e fare le cose giuste anche quando pensiamo che nessuno ci potrebbe vedere.
“Che importa se lo faccio? Tanto qui nessuno mi conosce” possiamo pensare.
Invece, in ogni modo, c’è Uno che non ci perde mai di vista e ci accompagna ovunque.
È il Signore. Perciò è importante andare nei posti dove Lui sia contento di accompagnarci, fare le cose che farebbe anche Lui e che approverebbe. E dove noi saremmo contenti di trovarci quando verrà a prenderci per portarci con sé in cielo.
Non vorremmo mai essere scoperti da un amico che ci stima in una bettola o in un cinema a luci rosse. Ma come ci piacerebbe essere trovati dal Signore mentre siamo a scuola e stiamo ingannando il professore, copiando il compito da un compagno? O se in ufficio facessimo i fatti nostri anziché lavorare? O stessimo compilando disonestamente la cartella delle tasse?
Ogni accenno al ritorno del Signore, nella Bibbia, è accompagnato con un’esortazione alla buona condotta e alla santificazione. Lo avevate già notato? Perciò sarebbe molto brutto dover fare la faccia rossa al momento del nostro incontro con Lui. Non vi pare?
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Chi comincia bene, finisce sempre bene?
Qualcuno ha detto che le lezioni della storia sono quelle che nessun popolo impara. Ben detto! Nelle mie meditazioni della Bibbia ho finito di leggere i Libri della Cronache. Peccato che si leggano poco e pochi predicatori li usino nei loro sermoni.
Ammetto che varie genealogie e liste di nomi siano un po’ monotone, ma io trovo bello pensare che sono nomi di gente veramente esistita e che Dio ha annotato e di cui ha tenuto conto. Mi viene sempre da pensare in che lista starebbe bene il mio nome!
In ogni modo, una cosa che ho notato è che anche tutti i re “buoni” del regno di Giuda, quelli che “fecero ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno”, alla fine della loro vita hanno scantinato.
Cominciò Salomone, l’uomo più sapiente che sia mai esistito, ma che, alla fine della sua vita, si lasciò trascinare all’idolatria dalle sue molte mogli pagane. Poi fu suo figlio Roboamo, dopo che si stabilì nel regno, cominciò a disubbidire a Dio e la sua vita non onorò Dio.
Poi ci fu Asa che cominciò bene e, a un certo punto fece delle alleanze sbagliate, si adirò con un profeta che lo riprendeva e lo fece addirittura mettere in prigione. Poi divenne anche crudele. Quando si ammalò non si rivolse a Dio per essere guarito.
Suo figlio Giosafat cominciò benissimo e poi si andò a imparentare con il malvagio Re del regno del nord, d’Israele e, fra alti e bassi, non onorò completamente Dio.
Joas andò bene solo finché visse il Sacerdote Amatsia che gli faceva da consigliere.
Amasia, figlio di Joas, seguì il Signore “ma non con tutto il cuore” e finì assassinato.
Uzzia cominciò bene, ma, a un certo momento, profanò il tempio e fu colpito di lebbra.
Suo figlio Iotam si comportò bene, ma non bandì l’idolatria.
Ezechia governò bene, ma peccò di orgoglio e ne pagò le conseguenze.
Giosia fu fedele, ma si impegnò in una guerra che lo portò alla morte, pur essendo stato esortato a non farlo.
Questi re dell’Antico Testamento avevano una scusante. Non avevano la Bibbia da consultare. Dio parlava loro occasionalmente. Conoscevano la legge di Mosè e cercavano di imporla al popolo. I profeti li esortavano e li riprendevano, ma non si trattava di un insegnamento costante, anche se avrebbe potuto essere sufficiente.
Essi furono però colpevoli, perché non imparavano dalle loro esperienze con Dio. Quando erano fedeli, Dio faceva prosperare il loro regno e dava loro pace e vittorie. Quando, invece, erano infedeli, potevano costatare in modo pratico e visibile la punizione del Signore. Le promesse di prosperità, di pace e benessere da parte di Dio erano evidenti, eppure loro diventavano lo stesso disubbidienti e Dio li doveva colpire.
“Come mai erano così stupidi?” ho chiesto a mio marito. “Dopo tutto, se si comportavano bene Dio faceva stare bene loro e la loro gente... Perché si rovinavano con le loro stesse mani?”
“Erano umani e quando le cose vanno molto bene, è facile cominciare a pensare che si è invulnerabili e abbastanza potenti per poter vivere al di sopra della legge, soprattutto della legge di Dio. Così si comincia a fare di testa propria e a fare a meno di Dio” mi ha risposto “e il peccato ti ritrova...”
Era una risposta saggia, basata sulla Bibbia, che ammonisce: “Perciò chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere” (1 Corinzi 10:12). Pensiamoci. Per la disubbidienza non c’è scusa. E, come si dice sempre, siamo liberi di disubbidire, ma non possiamo scegliere le conseguenze delle notre disubbidienze.
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Ammetto che varie genealogie e liste di nomi siano un po’ monotone, ma io trovo bello pensare che sono nomi di gente veramente esistita e che Dio ha annotato e di cui ha tenuto conto. Mi viene sempre da pensare in che lista starebbe bene il mio nome!
In ogni modo, una cosa che ho notato è che anche tutti i re “buoni” del regno di Giuda, quelli che “fecero ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno”, alla fine della loro vita hanno scantinato.
Cominciò Salomone, l’uomo più sapiente che sia mai esistito, ma che, alla fine della sua vita, si lasciò trascinare all’idolatria dalle sue molte mogli pagane. Poi fu suo figlio Roboamo, dopo che si stabilì nel regno, cominciò a disubbidire a Dio e la sua vita non onorò Dio.
Poi ci fu Asa che cominciò bene e, a un certo punto fece delle alleanze sbagliate, si adirò con un profeta che lo riprendeva e lo fece addirittura mettere in prigione. Poi divenne anche crudele. Quando si ammalò non si rivolse a Dio per essere guarito.
Suo figlio Giosafat cominciò benissimo e poi si andò a imparentare con il malvagio Re del regno del nord, d’Israele e, fra alti e bassi, non onorò completamente Dio.
Joas andò bene solo finché visse il Sacerdote Amatsia che gli faceva da consigliere.
Amasia, figlio di Joas, seguì il Signore “ma non con tutto il cuore” e finì assassinato.
Uzzia cominciò bene, ma, a un certo momento, profanò il tempio e fu colpito di lebbra.
Suo figlio Iotam si comportò bene, ma non bandì l’idolatria.
Ezechia governò bene, ma peccò di orgoglio e ne pagò le conseguenze.
Giosia fu fedele, ma si impegnò in una guerra che lo portò alla morte, pur essendo stato esortato a non farlo.
Questi re dell’Antico Testamento avevano una scusante. Non avevano la Bibbia da consultare. Dio parlava loro occasionalmente. Conoscevano la legge di Mosè e cercavano di imporla al popolo. I profeti li esortavano e li riprendevano, ma non si trattava di un insegnamento costante, anche se avrebbe potuto essere sufficiente.
Essi furono però colpevoli, perché non imparavano dalle loro esperienze con Dio. Quando erano fedeli, Dio faceva prosperare il loro regno e dava loro pace e vittorie. Quando, invece, erano infedeli, potevano costatare in modo pratico e visibile la punizione del Signore. Le promesse di prosperità, di pace e benessere da parte di Dio erano evidenti, eppure loro diventavano lo stesso disubbidienti e Dio li doveva colpire.
“Come mai erano così stupidi?” ho chiesto a mio marito. “Dopo tutto, se si comportavano bene Dio faceva stare bene loro e la loro gente... Perché si rovinavano con le loro stesse mani?”
“Erano umani e quando le cose vanno molto bene, è facile cominciare a pensare che si è invulnerabili e abbastanza potenti per poter vivere al di sopra della legge, soprattutto della legge di Dio. Così si comincia a fare di testa propria e a fare a meno di Dio” mi ha risposto “e il peccato ti ritrova...”
Era una risposta saggia, basata sulla Bibbia, che ammonisce: “Perciò chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere” (1 Corinzi 10:12). Pensiamoci. Per la disubbidienza non c’è scusa. E, come si dice sempre, siamo liberi di disubbidire, ma non possiamo scegliere le conseguenze delle notre disubbidienze.
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“Se ne avete il coraggio...”
Questa storia me l’ha raccontata mio padre, una volta che mi lamentavo di un professore troppo severo.
“Fatti coraggio” mi ha detto, “una volta, per un intero anno scolastico, ho avuto mio padre come professore. Non ci crederai, ma mi interrogava tutti i giorni e, a volte, mi dava il doppio di compiti a casa. Così nessuno poteva dire che faceva delle preferenze per me!”
L’integrità di mio nonno era proverbiale.
Una volta, quando si avvicinavano gli scrutini, fu chiamato dal Preside del Liceo, in cui insegnava, il quale gli disse, col fare di uno che la sa lunga: “Il tale dei tali è il figlio del Sindaco. Tutti sappiamo che non vale niente e che non studia... Però, per il quieto vivere, e il bene della scuola, una spinta bisognerebbe dargliela e chiudere un occhio. So che lei non lo farebbe con nessuno, ma...”
“Infatti, non lo farei e non lo farò con nessuno” fu la risposta del nonno.
Venne il tempo degli scrutini e i professori erano riuniti a consiglio. I vari studenti furono valutati e quando venne il momento del figlio del Sindaco (i vari insegnanti, che avevano tutti avuto la stessa conversazione col Preside, riguardo al quieto vivere e al bene della scuola), mio nonno disse: “Per me deve essere bocciato!”.
“Certamente” dissero alcuni, “ma ogni regola ha le sue eccezioni...”
Il nonno si alzò e andò a aprire l’armadietto in cui teneva i compiti dei ragazzi corretti. Trovò quelli del figlio del Sindaco, ne fece un bel mazzetto e li buttò sul grande tavolo, davanti agli occhi allibiti e spaventati del corpo insegnante. Erano pieni di rigacce rosse e blù.
Poi disse: “E adesso, promuovetelo voi, se ne avete il coraggio!”.
Poi uscì dalla stanza.
Non so se il ragazzo sia stato promosso o bocciato. Una cosa è appurata: il nonno fu trasferito ad altra sede.
La scuola, una volta, era il regno della severità, a volte, anche eccessiva. Oggi le cose sono diverse. Si ha paura di traumatizzare gli studenti. Così non si puniscono severamente i bulli e i maestri e professori non sanno come tenere la disciplina nella loro classe. Ma, in molti casi, hanno le mani legate dalle regole del “politicamente corretto” e di interventi da parte del telefono azzurro o di genitori pronti a denunciare e protestare.
Conosco dei genitori che hanno supplicato i professori di bocciare la loro figlia, che non aveva voglia di studiare, non studiava e prendeva la scuola troppo alla leggera. Non sono stati accontentati “per il bene della ragazza”. Ma quale bene?
Secondo me, quei professori hanno fatto male. Nessuno è mai morto per aver ripetuto un anno di scuola e, a volte, una lezione dura è salutare e può mettere sui binari giusti una vita.
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“Fatti coraggio” mi ha detto, “una volta, per un intero anno scolastico, ho avuto mio padre come professore. Non ci crederai, ma mi interrogava tutti i giorni e, a volte, mi dava il doppio di compiti a casa. Così nessuno poteva dire che faceva delle preferenze per me!”
L’integrità di mio nonno era proverbiale.
Una volta, quando si avvicinavano gli scrutini, fu chiamato dal Preside del Liceo, in cui insegnava, il quale gli disse, col fare di uno che la sa lunga: “Il tale dei tali è il figlio del Sindaco. Tutti sappiamo che non vale niente e che non studia... Però, per il quieto vivere, e il bene della scuola, una spinta bisognerebbe dargliela e chiudere un occhio. So che lei non lo farebbe con nessuno, ma...”
“Infatti, non lo farei e non lo farò con nessuno” fu la risposta del nonno.
Venne il tempo degli scrutini e i professori erano riuniti a consiglio. I vari studenti furono valutati e quando venne il momento del figlio del Sindaco (i vari insegnanti, che avevano tutti avuto la stessa conversazione col Preside, riguardo al quieto vivere e al bene della scuola), mio nonno disse: “Per me deve essere bocciato!”.
“Certamente” dissero alcuni, “ma ogni regola ha le sue eccezioni...”
Il nonno si alzò e andò a aprire l’armadietto in cui teneva i compiti dei ragazzi corretti. Trovò quelli del figlio del Sindaco, ne fece un bel mazzetto e li buttò sul grande tavolo, davanti agli occhi allibiti e spaventati del corpo insegnante. Erano pieni di rigacce rosse e blù.
Poi disse: “E adesso, promuovetelo voi, se ne avete il coraggio!”.
Poi uscì dalla stanza.
Non so se il ragazzo sia stato promosso o bocciato. Una cosa è appurata: il nonno fu trasferito ad altra sede.
La scuola, una volta, era il regno della severità, a volte, anche eccessiva. Oggi le cose sono diverse. Si ha paura di traumatizzare gli studenti. Così non si puniscono severamente i bulli e i maestri e professori non sanno come tenere la disciplina nella loro classe. Ma, in molti casi, hanno le mani legate dalle regole del “politicamente corretto” e di interventi da parte del telefono azzurro o di genitori pronti a denunciare e protestare.
Conosco dei genitori che hanno supplicato i professori di bocciare la loro figlia, che non aveva voglia di studiare, non studiava e prendeva la scuola troppo alla leggera. Non sono stati accontentati “per il bene della ragazza”. Ma quale bene?
Secondo me, quei professori hanno fatto male. Nessuno è mai morto per aver ripetuto un anno di scuola e, a volte, una lezione dura è salutare e può mettere sui binari giusti una vita.
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Non hanno visto il professore!
Mio nonno doveva essere un gran bel tipetto! Integerrimo e tutto d’un pezzo. Non faceva preferenze fra gli studenti, a cui insegnava greco e latino, e non accettava raccomandazioni. Perciò i presidi dei licei, ogni tanto, chiedevano che fosse trasferito. Perciò passin passino arrivò a insegnare fino in Sicilia, che nell’800 era un posto abbastanza difficile.
Mia nonna mi ha raccontato, quando io avevo circa sette anni, questa storia e la mia è tradizione orale. Se c’è qualche inesattezza, non è colpa mia.
Una mattina, mentre il nonno era a scuola e faceva lezione come al solito, una donna andò a bussare alla sua casa e disse a mia nonna, che accudiva i suoi due bambini (Daniele, mio padre, che era molto piccolo, e Febe, la sua sorellina un po’ più grande), con fare spaventato: “Signora, vada a scuola e dica a suo marito che oggi degli uomini mandati dal Vescovo devono ammazzarlo!”.
Mio nonno e sua moglie erano evangelici. Allora i credenti erano malvisti e perseguitati. Per di più, mio nonno era un ex-Monsignore che aveva lasciato la chiesa perché vi aveva visto troppa corruzione e immoralità.
Mia nonna prese i bambini e andò alla scuola. Chiese di parlare col marito e lo avvisò di quello che la donna le aveva riferito. Non sembra che il nonno ne sia rimasto troppo sorpreso. Gli evangelici erano considerati eretici e erano ovunque “persona non grata”.
“Aspettami nella sala dei professori e non uscire” disse il nonno. “Fammi finire la lezione e poi, se ci sono davvero delle persone che vogliono farci del male, chiederemo a Dio di accecarle. Stai tranquilla”.
Non so quanto si sia sentita tranquilla mia nonna, quando, dalla finestra, vide parecchi uomini armati di forconi e di bastoni non lontani dalla scuola.
Finita la lezione, mio nonno si appartò con la moglie e i bambini e chiese al Signore di accecare quella gente. Se lo aveva fatto rispondendo alla preghiera di Eliseo, poteva farlo di nuovo e accecare anche quei Siciliani.
Poi prese in braccio mio papà, prese per mano la figlia e uscì dal portone centrale della scuola a fianco della moglie. Gli uomini armati di bastoni e forconi lo lasciarono passare.
Non lo avevano visto. Infatti, rimasero a lungo davanti alla scuola, aspettando che uscisse!
Dio non fa mai miracoli inutili. Se i nonni avessero potuto chiamare i Carabinieri, lo avrebbero fatto. Ma, a quei tempi, non c’era il telefono per avvisarli e forse quelli non sarebbero intervenuti, per paura delle ire del Vescovo. Se ci fosse stato modo di nascondersi, i nonni forse si sarebbero nascosti, ma dato il carattere del nonno, ne dubito.
Ci voleva un miracolo. E Dio lo ha fatto.
Se mi chiedete se il nonnetto è rimasto nello stesso posto o ha chiesto un trasferimento, non lo so. Ma dato il suo carattere, direi che il giorno dopo è tornato a insegnare latino e greco come se non fosse successo niente. E a continuare a non fare né preferenze né a chiedere il pizzo per promuovere degli asini.
Anche questa è un’altra storia. Ve la racconto la prossima volta.
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Mia nonna mi ha raccontato, quando io avevo circa sette anni, questa storia e la mia è tradizione orale. Se c’è qualche inesattezza, non è colpa mia.
Una mattina, mentre il nonno era a scuola e faceva lezione come al solito, una donna andò a bussare alla sua casa e disse a mia nonna, che accudiva i suoi due bambini (Daniele, mio padre, che era molto piccolo, e Febe, la sua sorellina un po’ più grande), con fare spaventato: “Signora, vada a scuola e dica a suo marito che oggi degli uomini mandati dal Vescovo devono ammazzarlo!”.
Mio nonno e sua moglie erano evangelici. Allora i credenti erano malvisti e perseguitati. Per di più, mio nonno era un ex-Monsignore che aveva lasciato la chiesa perché vi aveva visto troppa corruzione e immoralità.
Mia nonna prese i bambini e andò alla scuola. Chiese di parlare col marito e lo avvisò di quello che la donna le aveva riferito. Non sembra che il nonno ne sia rimasto troppo sorpreso. Gli evangelici erano considerati eretici e erano ovunque “persona non grata”.
“Aspettami nella sala dei professori e non uscire” disse il nonno. “Fammi finire la lezione e poi, se ci sono davvero delle persone che vogliono farci del male, chiederemo a Dio di accecarle. Stai tranquilla”.
Non so quanto si sia sentita tranquilla mia nonna, quando, dalla finestra, vide parecchi uomini armati di forconi e di bastoni non lontani dalla scuola.
Finita la lezione, mio nonno si appartò con la moglie e i bambini e chiese al Signore di accecare quella gente. Se lo aveva fatto rispondendo alla preghiera di Eliseo, poteva farlo di nuovo e accecare anche quei Siciliani.
Poi prese in braccio mio papà, prese per mano la figlia e uscì dal portone centrale della scuola a fianco della moglie. Gli uomini armati di bastoni e forconi lo lasciarono passare.
Non lo avevano visto. Infatti, rimasero a lungo davanti alla scuola, aspettando che uscisse!
Dio non fa mai miracoli inutili. Se i nonni avessero potuto chiamare i Carabinieri, lo avrebbero fatto. Ma, a quei tempi, non c’era il telefono per avvisarli e forse quelli non sarebbero intervenuti, per paura delle ire del Vescovo. Se ci fosse stato modo di nascondersi, i nonni forse si sarebbero nascosti, ma dato il carattere del nonno, ne dubito.
Ci voleva un miracolo. E Dio lo ha fatto.
Se mi chiedete se il nonnetto è rimasto nello stesso posto o ha chiesto un trasferimento, non lo so. Ma dato il suo carattere, direi che il giorno dopo è tornato a insegnare latino e greco come se non fosse successo niente. E a continuare a non fare né preferenze né a chiedere il pizzo per promuovere degli asini.
Anche questa è un’altra storia. Ve la racconto la prossima volta.
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“Ve la mostro io la strada! Seguitemi!”
Uno dei ricordi più belli di un mio viaggio in Israele, avvenuto molti anni fa, è stata la visita a Dotan. Ci siamo andati per conto nostro, senza agenti di turismo con le loro spiegazioni imparate a memoria, con una macchina presa in affitto. Mio marito voleva vedere gli scavi di quella antica città, fatti da un suo professore d’Università.
Dotan sorge in una conca, nella parte nord della Palestina. È circondata da colline, ed era il luogo in cui, millenni prima, Giuseppe, il figlio di Giacobbe, era andato a cercare i suoi fratelli che lo avrebbero poi buttato in una cisterna e venduto a una carovana di Ismaeliti, diretti in Egitto. Era facile immaginare le greggi di Giacobbe, sparse fra i campi e Giuseppe che arrivava con passo sicuro da lontano. Suo padre gli aveva dato una grossa incombenza.
Quando ci siamo arrivati noi, era un pomeriggio tranquillo, le pecore pascolavano e un po’ di vento portava, da chissà dove, il suono di uno zufolo. Un quadro perfetto per dei turisti curiosi e entusiasti come noi.
Dotan è anche la zona in cui è avvenuto un bell’episodio di cui fu protagonista Eliseo (e ci risiamo con Eliseo!). La storia è nel capitolo 6 del secondo Libro dei Re.
Il re d’Israele, cioè il sovrano del regno del nord, era in guerra con il re di Siria e accadeva che tutte le mosse che il re di Siria programmava erano preconosciute e rese vane dal re d’Israele.
“Ma chi è che fa la spia?” chiese infuriato il re di Siria ai suoi.
“Maestà, nessuno fra noi fa la spia. Ma il profeta Eliseo, quell’uomo di Dio che sta in Israele, fa sapere ogni cosa al suo re. È uno che sa tutto, anche quello che tu dici nella tua camera da letto, quando ti corichi”.
“Informatevi dov’è, andatelo a prendere e ci penserò io!” ordinò il re.
“È a Dotan” fu la risposta.
Per catturalo, il re mandò un gran numero di soldati, carri e cavalieri che si schierarono sulle colline che circondavano Dotan. Uno spettacolo terribile. Mentre io ero a Dotan, non ho fatto nessuna fatica a immaginare la scena. Le colline sono proprio come una cintura attorno alla pianura dove pascolavano le pecore.
Ma torniamo alla storia. La mattina presto il servo di Eliseo si alza e vede tutto quel po’ po’ di armati. Corre da Eliseo allarmatissimo: “E adesso che facciamo?”.
“Non aver paura quelli che sono con noi, sono più numerosi di loro!” risponde Eliseo e chiede al Signore di aprire gli occhi del servo. Questo, a un tratto, sulla collina vede una massa di cavalli e di carri di fuoco che circondavano Eliseo.
Il profeta allora va incontro all’esercito chiedendo al Signore di accecare tutta quella masnada di gente. Il Signore lo esaudisce e Eliseo dice: “Avete sbagliato strada. Vi ci porto io dall’uomo che cercate!” (mica male l’umorismo del Signore!) e passo dopo passo li conduce fino a Samaria, la capitale del Regno di Israele.
A quel punto gli occhi dei Siri si aprirono. Erano in trappola!
Il re d’Israele chiede a Eliseo se doveva farli fuori tutti.
“Non lo fare; sono tuoi prigionieri. Dagli da mangiare e da bere e rimandali a casa”.
Il re gli dà retta e i Siri possono tornare a casa. Per un certo tempo “le bande dei Siri non fecero più incursioni” racconta la Bibbia.
Nella vita, abbiamo molti nemici, ma, se siamo credenti, Colui che ci protegge è infinitamente più potente di qualsiasi nemico. A cominciare da Satana che Gesù ha vinto sulla croce. L’importante è guardare le situazioni con gli occhi della fede e crederci. Dio può accecare e liberare, come è successo a mio nonno. Ma questo ve lo racconto la prossima volta. Ciao!
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Dotan sorge in una conca, nella parte nord della Palestina. È circondata da colline, ed era il luogo in cui, millenni prima, Giuseppe, il figlio di Giacobbe, era andato a cercare i suoi fratelli che lo avrebbero poi buttato in una cisterna e venduto a una carovana di Ismaeliti, diretti in Egitto. Era facile immaginare le greggi di Giacobbe, sparse fra i campi e Giuseppe che arrivava con passo sicuro da lontano. Suo padre gli aveva dato una grossa incombenza.
Quando ci siamo arrivati noi, era un pomeriggio tranquillo, le pecore pascolavano e un po’ di vento portava, da chissà dove, il suono di uno zufolo. Un quadro perfetto per dei turisti curiosi e entusiasti come noi.
Dotan è anche la zona in cui è avvenuto un bell’episodio di cui fu protagonista Eliseo (e ci risiamo con Eliseo!). La storia è nel capitolo 6 del secondo Libro dei Re.
Il re d’Israele, cioè il sovrano del regno del nord, era in guerra con il re di Siria e accadeva che tutte le mosse che il re di Siria programmava erano preconosciute e rese vane dal re d’Israele.
“Ma chi è che fa la spia?” chiese infuriato il re di Siria ai suoi.
“Maestà, nessuno fra noi fa la spia. Ma il profeta Eliseo, quell’uomo di Dio che sta in Israele, fa sapere ogni cosa al suo re. È uno che sa tutto, anche quello che tu dici nella tua camera da letto, quando ti corichi”.
“Informatevi dov’è, andatelo a prendere e ci penserò io!” ordinò il re.
“È a Dotan” fu la risposta.
Per catturalo, il re mandò un gran numero di soldati, carri e cavalieri che si schierarono sulle colline che circondavano Dotan. Uno spettacolo terribile. Mentre io ero a Dotan, non ho fatto nessuna fatica a immaginare la scena. Le colline sono proprio come una cintura attorno alla pianura dove pascolavano le pecore.
Ma torniamo alla storia. La mattina presto il servo di Eliseo si alza e vede tutto quel po’ po’ di armati. Corre da Eliseo allarmatissimo: “E adesso che facciamo?”.
“Non aver paura quelli che sono con noi, sono più numerosi di loro!” risponde Eliseo e chiede al Signore di aprire gli occhi del servo. Questo, a un tratto, sulla collina vede una massa di cavalli e di carri di fuoco che circondavano Eliseo.
Il profeta allora va incontro all’esercito chiedendo al Signore di accecare tutta quella masnada di gente. Il Signore lo esaudisce e Eliseo dice: “Avete sbagliato strada. Vi ci porto io dall’uomo che cercate!” (mica male l’umorismo del Signore!) e passo dopo passo li conduce fino a Samaria, la capitale del Regno di Israele.
A quel punto gli occhi dei Siri si aprirono. Erano in trappola!
Il re d’Israele chiede a Eliseo se doveva farli fuori tutti.
“Non lo fare; sono tuoi prigionieri. Dagli da mangiare e da bere e rimandali a casa”.
Il re gli dà retta e i Siri possono tornare a casa. Per un certo tempo “le bande dei Siri non fecero più incursioni” racconta la Bibbia.
Nella vita, abbiamo molti nemici, ma, se siamo credenti, Colui che ci protegge è infinitamente più potente di qualsiasi nemico. A cominciare da Satana che Gesù ha vinto sulla croce. L’importante è guardare le situazioni con gli occhi della fede e crederci. Dio può accecare e liberare, come è successo a mio nonno. Ma questo ve lo racconto la prossima volta. Ciao!
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Pagare per accarezzare un gattino?
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Sembra eccessivo, ma la fantasia di chi vuole fare soldi non ha limiti.
A Tokio, ora vanno di moda i “CAT CAFE’”, cioè dei locali in cui gli avventori, per la modica spesa di 6 euro, possono tenere sulle ginocchia per un’ora uno dei molti gattini messi a disposizione dal padrone del locale. Così mentre il gattino fa le fusa, loro lo possono accarezzare, mentre prendono il tè. Pare che il numero degli avventori sia molto aumentato. “De gustibus, non est disputandum...” dicevano i Romani. Probabilmente Totò avrebbe tradotto il detto con: “Sui gusti non c’è da sputare...” invece che “da discutere”.
L’altro giorno, in TV, su un canale privato, ho visto una signora che supplicava, piangendo e singhiozzando, di riportarle il suo gattino. “Ridatemi il mio bambino!” diceva.
Ho anche sentito che c’è la proposta di includere l’animale di casa (mi pare limitato a cane o gatto) nello stato di famiglia.
Per non parlare della pubblicità che parla di cibi speciali e già dosati per gatti e cani, della TV che fa vedere i gatti che mangiano su piatti che sembrano uscire dalla cucina del Grand Hotel. Insomma, penso di essermi spiegata.
In nessun modo, si dovrebbero maltrattare gli animali e chi lo fa è un disgraziato che dovrebbe essere punito. Quando i nostri figli erano piccoli, per la loro gioia, abbiamo avuto in casa una specie di zoo, composto da canarini, cani, pesci rossi, tartaruga, pulcini, criceto. Ai bambini fa bene imparare a amare, rispettare e curare gli animali. E se imparano da bambini, continueranno a farlo da grandi.
È anche vero che, a volte, alcuni animali si comportano come umani, a cominciare dal cane di Ulisse che ha riconosciuto il padrone dopo, mi pare, vent’anni di assenza. Ma bisogna anche capire che sono animali e che non si devono trattare come se fossero umani. Anche se il Papa ha balenato l’idea che ci sia un posto anche per loro in cielo, la Bibbia non dice niente di simile. Gli animali sono per questa terra e l’aldilà è per gli umani.
Dio li protegge e ne ha compassione (nel voler risparmiare Ninive, al tempo di Giona, ha pensato anche a loro), ma li ha creati per l’uomo e per il suo bene. Non ha dato loro un’anima immortale e una libertà di fare scelte morali. Sono programmati per fare quello che fanno e non ci sarà mai un gatto che si comporterà da coniglio, né una rondine che deciderà di farsi un nido simile a quello di un tordo. Finché campa farà il suo nido come Dio ha programmato che facesse.
Perciò sbaglia chi pensa che gli animali facciano scelte personali morali, su cosa sia bene fare o non fare, come sottinteso sempre nei documentari sugli animali che vediamo in TV. Noi non dobbiamo cercare di essere più santi e più savi di Lui.
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Sembra eccessivo, ma la fantasia di chi vuole fare soldi non ha limiti.
A Tokio, ora vanno di moda i “CAT CAFE’”, cioè dei locali in cui gli avventori, per la modica spesa di 6 euro, possono tenere sulle ginocchia per un’ora uno dei molti gattini messi a disposizione dal padrone del locale. Così mentre il gattino fa le fusa, loro lo possono accarezzare, mentre prendono il tè. Pare che il numero degli avventori sia molto aumentato. “De gustibus, non est disputandum...” dicevano i Romani. Probabilmente Totò avrebbe tradotto il detto con: “Sui gusti non c’è da sputare...” invece che “da discutere”.
L’altro giorno, in TV, su un canale privato, ho visto una signora che supplicava, piangendo e singhiozzando, di riportarle il suo gattino. “Ridatemi il mio bambino!” diceva.
Ho anche sentito che c’è la proposta di includere l’animale di casa (mi pare limitato a cane o gatto) nello stato di famiglia.
Per non parlare della pubblicità che parla di cibi speciali e già dosati per gatti e cani, della TV che fa vedere i gatti che mangiano su piatti che sembrano uscire dalla cucina del Grand Hotel. Insomma, penso di essermi spiegata.
In nessun modo, si dovrebbero maltrattare gli animali e chi lo fa è un disgraziato che dovrebbe essere punito. Quando i nostri figli erano piccoli, per la loro gioia, abbiamo avuto in casa una specie di zoo, composto da canarini, cani, pesci rossi, tartaruga, pulcini, criceto. Ai bambini fa bene imparare a amare, rispettare e curare gli animali. E se imparano da bambini, continueranno a farlo da grandi.
È anche vero che, a volte, alcuni animali si comportano come umani, a cominciare dal cane di Ulisse che ha riconosciuto il padrone dopo, mi pare, vent’anni di assenza. Ma bisogna anche capire che sono animali e che non si devono trattare come se fossero umani. Anche se il Papa ha balenato l’idea che ci sia un posto anche per loro in cielo, la Bibbia non dice niente di simile. Gli animali sono per questa terra e l’aldilà è per gli umani.
Dio li protegge e ne ha compassione (nel voler risparmiare Ninive, al tempo di Giona, ha pensato anche a loro), ma li ha creati per l’uomo e per il suo bene. Non ha dato loro un’anima immortale e una libertà di fare scelte morali. Sono programmati per fare quello che fanno e non ci sarà mai un gatto che si comporterà da coniglio, né una rondine che deciderà di farsi un nido simile a quello di un tordo. Finché campa farà il suo nido come Dio ha programmato che facesse.
Perciò sbaglia chi pensa che gli animali facciano scelte personali morali, su cosa sia bene fare o non fare, come sottinteso sempre nei documentari sugli animali che vediamo in TV. Noi non dobbiamo cercare di essere più santi e più savi di Lui.
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Come mi (ti) vede Dio?
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Sono stata in casa di una signora anziana, molto cara e gentile, che chiamerò Diana, per amore della privacy.
Non la vedevo da alcuni anni e ho fatto fatica a riconoscerla perché è ridotta decisamente molto male. Ha una strana mania: non mangia e rifiuta di mangiare, anche se il suo apparato digerente non ha problemi. Dopo tre bocconi di cibo dice che ne ha abbastanza e rifiuta di continuare a nutrirsi. Perciò è ridotta a uno scheletrino senza forza. La sua memoria è poca e anche la sua capacità di concentrazione è al minimo. Non ha voglia di leggere, non presta attenzione alla TV (non ci perde molto!), non ricorda molte cose. Vorrebbe sempre dormire.
I dottori non hanno un rimedio efficace da proporre, perciò continua a sopravvivere, ma vive male, anche se è circondata da mille attenzioni da parte dei figli e delle nuore.
La conosco da molto tempo e la ricordo attiva nella chiesa, pronta a aiutare figli e amici, con un bel senso umoristico che le faceva cogliere le situazioni buffe e l’aiutava a superare quelle difficili. Aveva un modo specialmente bello nel trattare i bambini.
Nel vederla acciambellata su un divano, come un uccellino caduto dal nido, mi è venuto un pensiero: Diana è stata una credente fedele, che amava (e ama) il Signore, e che, fin da ragazza, ha accolto Gesù nella sua vita come Salvatore e Signore. Perciò il Signore la vede spiritualmente ancora vigorosa, matura e attiva, come una volta. Lui non la vede come la vediamo noi. Per Lui è una figlia che aspetta il momento in cui Lui la chiamerà a casa.
Ma – e qui è il pensiero che mi è venuto - come vede te e me?
Certo, se siamo credenti, ci vede perfetti in Cristo, ma quanto a vita spirituale come ci vede? Come vede tanti credenti vivi, sani fisicamente, sportivi, pieni di vigore, che lavorano, viaggiano, mangiano e si divertono, ma che si nutrono poco della sua Parola? Che vanno alle riunioni della loro chiesa se “si sentono” o se non hanno niente di più interessante da fare, che preferiscono andare a fare una gita piuttosto che passare la domenica coi loro fratelli in fede? Che pregano prima di mangiare, se lo ricordano? Che, quando la cercano, trovano la loro Bibbia sul comodino coperta con un leggero strato di polvere?
Probabilmente li vede magri e denutriti, spiritualmente, come io ho visto Diana. Senza forza e senza voglia di nulla, perché mangiano solo qualche bocconcino spirituale, nel migliore dei casi, una o due volte al mese. E quando vengono le prove e le difficoltà non hanno né la forza né il vigore necessari per affrontarle. Eppure, se si chiede la loro testimonianza raccontano: “Nel lontano (data), al campo di... ho accettato il Signore e ho pregato perché venisse nel mio cuore”, e si credono a posto.
Continuando con la mia allegoria, ho immaginato altri credenti. La fantasia non ha limiti!
Alcuni lo ho visti con un gran testone, per la loro grande conoscenza della Bibbia, ma con le gambette secche secche e rattrappite, perché non attraverserebbero neppure la strada per andare a dare a un vicino un invito alle riunioni di evangelizzazione.
Oppure grassi e pasciuti per la loro assiduità agli studi biblici, ma seduti sulla sedia a rotelle perché amano la vita comoda più del loro prossimo.
Oppure con una bocca enorme, per parlare della fede, ma anche con un portafogli molto gonfio, che non si apre facilmente davanti alla cassetta delle offerte su cui è scritto che Dio ama un donatore allegro. Eh, se non c’è gioia... perché donare?
Ma come vede me, il Signore? Lascio a Lui decidere. Io mi vedo come una persona che ha ancora molto da cresecere e da cambiare. Ma spero che non mi veda come uno scheletrino senza forza. E come vede te?
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Sono stata in casa di una signora anziana, molto cara e gentile, che chiamerò Diana, per amore della privacy.
Non la vedevo da alcuni anni e ho fatto fatica a riconoscerla perché è ridotta decisamente molto male. Ha una strana mania: non mangia e rifiuta di mangiare, anche se il suo apparato digerente non ha problemi. Dopo tre bocconi di cibo dice che ne ha abbastanza e rifiuta di continuare a nutrirsi. Perciò è ridotta a uno scheletrino senza forza. La sua memoria è poca e anche la sua capacità di concentrazione è al minimo. Non ha voglia di leggere, non presta attenzione alla TV (non ci perde molto!), non ricorda molte cose. Vorrebbe sempre dormire.
I dottori non hanno un rimedio efficace da proporre, perciò continua a sopravvivere, ma vive male, anche se è circondata da mille attenzioni da parte dei figli e delle nuore.
La conosco da molto tempo e la ricordo attiva nella chiesa, pronta a aiutare figli e amici, con un bel senso umoristico che le faceva cogliere le situazioni buffe e l’aiutava a superare quelle difficili. Aveva un modo specialmente bello nel trattare i bambini.
Nel vederla acciambellata su un divano, come un uccellino caduto dal nido, mi è venuto un pensiero: Diana è stata una credente fedele, che amava (e ama) il Signore, e che, fin da ragazza, ha accolto Gesù nella sua vita come Salvatore e Signore. Perciò il Signore la vede spiritualmente ancora vigorosa, matura e attiva, come una volta. Lui non la vede come la vediamo noi. Per Lui è una figlia che aspetta il momento in cui Lui la chiamerà a casa.
Ma – e qui è il pensiero che mi è venuto - come vede te e me?
Certo, se siamo credenti, ci vede perfetti in Cristo, ma quanto a vita spirituale come ci vede? Come vede tanti credenti vivi, sani fisicamente, sportivi, pieni di vigore, che lavorano, viaggiano, mangiano e si divertono, ma che si nutrono poco della sua Parola? Che vanno alle riunioni della loro chiesa se “si sentono” o se non hanno niente di più interessante da fare, che preferiscono andare a fare una gita piuttosto che passare la domenica coi loro fratelli in fede? Che pregano prima di mangiare, se lo ricordano? Che, quando la cercano, trovano la loro Bibbia sul comodino coperta con un leggero strato di polvere?
Probabilmente li vede magri e denutriti, spiritualmente, come io ho visto Diana. Senza forza e senza voglia di nulla, perché mangiano solo qualche bocconcino spirituale, nel migliore dei casi, una o due volte al mese. E quando vengono le prove e le difficoltà non hanno né la forza né il vigore necessari per affrontarle. Eppure, se si chiede la loro testimonianza raccontano: “Nel lontano (data), al campo di... ho accettato il Signore e ho pregato perché venisse nel mio cuore”, e si credono a posto.
Continuando con la mia allegoria, ho immaginato altri credenti. La fantasia non ha limiti!
Alcuni lo ho visti con un gran testone, per la loro grande conoscenza della Bibbia, ma con le gambette secche secche e rattrappite, perché non attraverserebbero neppure la strada per andare a dare a un vicino un invito alle riunioni di evangelizzazione.
Oppure grassi e pasciuti per la loro assiduità agli studi biblici, ma seduti sulla sedia a rotelle perché amano la vita comoda più del loro prossimo.
Oppure con una bocca enorme, per parlare della fede, ma anche con un portafogli molto gonfio, che non si apre facilmente davanti alla cassetta delle offerte su cui è scritto che Dio ama un donatore allegro. Eh, se non c’è gioia... perché donare?
Ma come vede me, il Signore? Lascio a Lui decidere. Io mi vedo come una persona che ha ancora molto da cresecere e da cambiare. Ma spero che non mi veda come uno scheletrino senza forza. E come vede te?
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