Non è una semplice stretta di mano o un “Ciao, come stai?”

La Bibbia usa un linguaggio, a volte, un po’ misterioso. Per esempio, quando leggiamo le parole “conoscere” o “conoscenza” rimaniamo un po’ perplessi, perché non corrispondono all’uso che ne facciamo nel nostro linguaggio. Cosa vuole veramente significare?

Oggi, quando ci presentano per la prima volta una persona, stendiamo la mano e diciamo: “Piacere”. Se siamo giovani, diciamo: “Ciao, come stai?” o “Come ti chiami?” E poi diciamo che abbiamo conosciuto Bruno, Paola o Mattia.

I Francesi, sempre melodrammatici, dicono “enchanté”. Gli Inglesi: “Happy to meet you”, ma con tutto il piacere, l’incanto e la gioia che si possono provare, di solito, la cosa finisce lì.

Nella Bibbia la parola conoscenza indica invece una relazione profonda e intima. Perfino la relazione intima fra un marito e una moglie viene chiamata conoscenza.

Nel Vangelo di Matteo, per esempio, è detto che Giuseppe non “conobbe” Maria fino a che non ebbe partorito il suo figlio primogenito, Gesù. È chiaro che lui non le ha solo detto: “Mi chiamo Giuseppe” e lei “Piacere, Maria”, ma che è successo molto di più. Infatti nacquero, dalla loro “conoscenza”, almeno cinque o sei bambini.

Quando Gesù ha rivolto al Padre una preghiera bellissima, che si trova nel capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, ha definito “la vita eterna” così: “Questa è la vita eterna: che conoscano te il solo vero Dio e Gesù Cristo che tu hai mandato”. Avere la vita eterna, non vuol dire vivere per sempre (anche nell’inferno la gente che non ha creduto esisterà eternamente), ma conoscere Dio profondamente, in modo intimo e unico, con una relazione di figli amati e benedetti.

Nel nostro cammino con Dio e nella nostra crescita spirituale, alla fede dobbiamo aggiungere la virtù (cioè fare le cose giuste e buone) e poi la conoscenza.

Questo vuol dire che dobbiamo imparare la Bibbia a memoria? C’è chi lo fa, non è detto che sarà pieno di conoscenza. La conoscenza biblica di Dio è molto più di una cultura.

Dobbiamo prendere appunti, quando il predicatore parla in chiesa? È una buona idea (se predica bene), ma anche questa non è la vera conoscenza.

Dobbiamo frequentare tutte le riunioni della chiesa e andare almeno a un convegno ogni anno? Sarebbe una buona cosa, ma non è ancora la conoscenza che dobbiamo “aggiungere” nel nostro cammino cristiano.

Conoscere Dio significa conoscere il suo carattere e le sue qualità e assorbirle nella propria vita. È una conoscenza che diventa una convinzione, una parte della vita.

Per esempio: la Bibbia dice che Dio è buono, che è “amore”. Cosa significa “conoscere” il suo amore? Vuol dire credere che Dio non è mai cattivo, capriccioso, volubile, maligno. Significa essere convinta che mi ama e vuole il mio bene. Che mi ha amata al punto di essere pronto a dare la vita di suo Figlio per salvarmi.

Come applico queste verità e le assimilo? Mi abituo, nella pratica, a credere che Lui non mi vuole mai fare del male, che non mi tratta bene un giorno e male in un altro, che quello che mi succede, nel suo piano, ha sempre uno scopo buono e che Lui vuole usare ogni avvenimento e situazione per aiutarmi a migliorare e ad assomigliare un po’ di più a Gesù. Devo credere che la sua mano buona sta dietro a ogni avvenimento (piacevole o spiacevole) della mia vita.

Poi, la Bibbia dice che Dio è santo, puro e perfetto.

Perciò sono convinta e credo che non può tollerare il peccato, che per stare vicina a Lui devo tenermi pulita dentro, anche se non arriverò mai alla perfezione che Lui chiede, ma che, se ho creduto in Cristo, Lui mi vede “in Cristo” rivestita dalla sua perfezione.

La Bibbia dice che Dio è giusto.

Perciò credo e sono convinta che non fa ingiustizie, anche se io non capisco e non conosco sempre i suoi fini, che è equilibrato e che vuole fare di me una persona giusta. E così si va avanti con le altre qualità di Dio: la fedeltà, la sapienza, la severità, la misericordia ecc.

Naturalmente, questa conoscenza si ottiene leggendo e meditando la Bibbia, pregando e arrendendosi totalmente a Lui. Non è un processo di un giorno. Dura tutta la vita.
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