Quanto mi piace la Bibbia! È un libro così onesto che di più non si può. E mi piace perché i suoi personaggi sono così veri!
Per esempio, dove si troverebbe una descrizione più candida dei sentimenti di un padre che aveva un figlio epilettico, addirittura indemoniato, il quale andava in convulsioni e gli cadeva nel fuoco e nell’acqua e non poteva essere controllato? Un ragazzo dilaniato dal male, per di più figlio unico?
Il poveretto era andato dai discepoli, a cui Gesù aveva concesso poteri sovrannaturali per compiere miracoli, affinché lo guarissero. E questi ci avevano provato. I Vangeli non dicono come, ma probabilmente avevano imposto le mani sul ragazzo, avevano pregato, invocato la potenza di Dio. Ma niente era successo.
Il povero padre era profondamente deluso, scoraggiato e più disperato di prima. Un miracolo era l’ultima speranza a cui aggrapparsi.
Arriva Gesù, che si avvicina al gruppetto composto dal padre e dai discepoli e dalla gente. Il padre gli dice: “I tuoi discepoli ci hanno provato, ma inutilmente. Vedi un po’ tu... Uno spirito lo prende, lo manda in convulsioni, la bocca gli si riempie di bava. Poi rimane stecchito come morto. Una pena infinita... Se tu puoi farci qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”.
Gesù ordina che gli sia portato il ragazzo. Immediatamente, davanti a Gesù, questo ha un attacco di convulsioni strazianti. Il padre deluso, scoraggiato, dubbioso, ora sente le parole del Signore: “Dici: se puoi?! Ogni cosa è possibile a chi crede!”
Un’affermazione da niente! Una certa misura di fede lui ce l’aveva e l’aveva dimostrata nel rivolgersi ai discepoli e ora a Gesù stesso. Ma credere davanti alla realtà di un ragazzo che si contorceva e schiumava, non era facile. Perciò con una trasparenza disarmante esclama: “Signore, io credo! Vieni in aiuto alla mia incredulità!”.
Col Signore non dobbiamo avere paura di dirgli esattamente come ci sentiamo. Lui non si spaventa né si stupisce. Ci conosce fino in fondo e sa tutto di noi. Vedeva in quel padre la fiducia, ma capiva che c’era anche in lui il dubbio determinato dalla realtà che gli stava davanti: un figlio disperatamente malato e in convulsioni. Tutto questo non gli impedì di operare il miracolo.
Con autorità ordinò: “Spirito muto e sordo, io ti comando di uscire da lui e di non entrare più in lui”.
Lo spirito ubbidì e uscì dal ragazzo, straziandolo per l’ultima volta, come per dargli un ultimo colpo di cattiveria. La crisi fu così forte che il ragazzo rimase immobile. Sembrava morto.
Cosa avrà pensato quel povero padre? “Ecco è finita... non ho avuto abbastanza fede... era quasi meglio quando aveva le crisi... almeno era vivo...” I vangeli tacciono, ma lo possiamo immaginare, conoscendo quando anche la nostra fede possa, a volte, essere vacillante.
Però Gesù prende il ragazzo per mano, lo solleva e lo riconsegna al padre. È guarito!
Meraviglioso! Anche la nostra fede è spesso un misto di fiducia e di insicurezza, di slancio e di incertezza. Spesso pensiamo di averne troppo poca e di qualità scadente. Ma non importa quanta ne abbiamo e quanto sia mischiata a sentimenti contrastanti. Quello che importa è che sia grande almeno quanto un piccolissimo granello di senape, come ha detto Gesù stesso, ma che sia messa su di Lui e Lui solo. Sulla sua potenza e la sua compassione. Allora, funziona.
Leggi tutto l’episodio, raccontato in tre versioni, che si completano l’una con l’altra, in Matteo 17:14-21; Marco 9:14-27; Luca 9:37-43.
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Come ha detto un signore alla radio:
RispondiElimina"It's not the quantity of your faith, but the object of your faith that matters"
Grazie Maria Teresa, e gloria a Dio che ha permesso a te di scrivre questo messaggio.
RispondiEliminaE' verissimo, è inutile ed assurdo nasconde i nostri sentimenti a Nostro Signore. quanto è bello e liberatorio dirgli: "Sono qui, con tutti i miei dubbi, con tutta la mia miseria, con tutta la mia poca fede..... opera tu Signore, tu solo sai cosa è giusto!!!"
Grazie ancora.
il Signore benedica questo tuo lavoro.
Renata