Vasi di terra

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A casa nostra abbiamo un piccolo giardino che, con la pioggia degli ultimi tempi, sta producendo, in quantità industriale, ogni sorta di erbacce che invadono tutto e rischiano di soffocare le piante buone. Ne strappo tanta, di erbaccia, ne riempio grossi sacchi e mi sembra di non aver combinato niente. L’unica consolazione è guardare quei sacchi rigonfi, darmi una pacca sulla spalla e capire che tutto il loro contenuto non è più in terra.


Però le cose vanno meglio se le piante sono nei vasi. L’erbaccia si strappa facilmente. Per esempio, ho del basilico rigoglioso (genovese e prodotto nel Lazio, dice l’etichetta), e dei gerani che si danno da fare a rendere bello e colorato il pianerottolo.

I vasi di terra sono i miei favoriti, perché non trattengono l’acqua come quelli di plastica, non si rovesciano quando viene il vento forte e hanno una bella aria solida, di casa. Quando ero ragazza la plastica non c’era ancora e le cose antiche mi piacciono molto. Sarà perché sto diventando “antica” anch’io!

Il Signore ci paragona a vasi di terra. Ed è un bel paragone. Questo tipo di vaso vale poco e noi, se non fosse per la grazia di Dio, non varremmo niente. Ma sono utili anche se sono fragili e il loro valore dipende solo da quello che contengono. Noi siamo lo stesso, perché ciò che conteniamo è prezioso. E qui viene il bello!

La seconda lettera ai Corinzi dice che siamo sì dei vasi di terra, ma conteniamo un tesoro, che è la “luce della conoscenza della gloria di Dio, che splende nel volto di Gesù”. E non è poco! Ma perché questa luce risplenda, il vaso deve rompersi, andare in frantumi e permettere alla luce di Gesù di uscire e spandersi ovunque. Come diceva Giovanni Battista, usando un altro paragone: “Bisogna che Lui cresca e io diminuisca”.

Secondo il pensiero di Paolo, quella che vale è la presenza di Cristo, e quello che la fa splendere sono le prove, le difficoltà, i problemi della vita. Ciò che ci fa male, allora, ci fa del bene perché permette alla luce di Gesù di splendere e diffondersi.

È chiaro: non andiamo sadicamente in giro in cerca di sofferenze, come facevano gli eremiti e i flagellanti. Ma quando le sofferenze vengono, consideriamole un’occasione per far splendere la luce di Cristo.
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