Servire è bello

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Io ricordo certe famiglie che frequentavo coi miei genitori quando ero ragazzina che avevano servi e cuoche e perfino il maggiordomo.


Curavano la casa, proponevano il cibo per il giorno dopo, facevano le commissioni e, quasi quasi, diventavano parte della famiglia. Infatti, i loro figli andavano a scuola, giocavano, andavano in vacanza coi figli dei “padroni” e loro stessi servivano con rispetto, ma senza essere servili. Spesso si prendevanola la libertà di decidere su cose minori e, in ogni modo, avevano una buona dose di autonomia delegata, anche dal punto di vista economico e finanziario. Dovevano essere efficienti, capaci, servizievoli, fidati, onesti e affidabili.

Erano i ministri dei loro padroni. E ne andavano fieri, soprattutto se i loro datori di lavoro si chiamavano Doria o Spinola o Pallavicino.

Nella sua lista di qualifiche dei credenti nella seconda lettera ai Corinzi, l’apostolo Paolo, dopo aver detto che siamo “profumo” e “lettere” dice che noi siamo “ministri” del nuovo patto di Dio e “collaboratori” di Dio.

Questo nuovo patto è basato sulla grazia, l’amore e l’ubbidienza gioiosa. Noi non dobbiamo andare in giro come dei questurini per fare osservare leggi, leggine e decreti e distribuendo punizioni e contavvenzioni. Siamo dei ministri che annunciano il perdono e servono per amore, svolgendo un ruolo subordinato di assistenza e servizio, come lo descrive il dizionario.

Il Signore Gesù è stato un “ministro” perfetto e ci ha lasciato un esempio ineguaglibile.

È venuto non per essere servito, ma per servire. Ha lavorato quando toccava a Lui e quando non gli toccava, ha ubbidito a suo Padre, ha fatto, detto, eseguito il piano ideato per Lui dal Padre da tutta l’eternità, senza aggiungervi né togliervi nulla.

“Io non faccio niente di testa mia” diceva. Un ministro non si deve inventare nuove regole. Non deve agire estemporaneamente. Deve eseguire solo quello che il suo padrone ha stabilito e gli ha assegnato e quello per cui è stato delegato.

Ma non basta. Oltre che ministri siamo anche collaboratori e un collaboratore è un po’ di più di un servo. “Come collaboratori di Dio vi esortiamo a non aver ricevuto la grazia inutilmente...” Certe affermazioni della Bibbia ti fanno esplodere il cervello, quando si esaminano a fondo. Se siamo stati oggetto della grazia di Dio, del favore immeritato di diventare suoi figli e di oprare per Lui, non possiamo sottovalutare la nostra posizione.

Un collaboratore lavora in armonia con un altro, con lealtà e integrità. Non tradisce, non mina l’autorità del suo compagno d’opera. Quello che è stato deciso insieme deve essere fatto. Un collaboratore è uno che “lavora con un altro per raggiungere uno scopo”.

Paolo lo spiega molto bene: “Non diamo nessun motivo di scandalo affinché il nostro servizio non sia biasimato, ma in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio... con purezza, con conoscenza, con pazienza e con bontà, con lo Spirito Santo, con amore sincero e un parlare veritiero...” Che onore!

A volte pensiamo di fare un gran favore a Dio, se facciamo qualcosa per Lui e con Lui. Perciò, ogni volta che ci rendiamo conto che ci stiamo un po’ montando la testa ricordiamo le parole di Paolo: “Mi è stata fatta la grazia (ovvero il favore immeritato) di essere ministro di Cristo” e quelle del Signore: “Quando avrete fatto tutto quello che vi è comandato, dite: «Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare»”.
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