Discutere: un’arte poco italiana…

A me la politica interessa abbastanza, anche se le chiacchiere dei politici in TV lasciano il tempo che trovano. Ma mi sembra importante capire a cosa pensano i nostri capi e o loro controcapi e quante bugie ci raccontano.

Ma che differenza c’è fra come discutono gli Italiani dagli Americani e gli Inglesi!

Direte subito che noi abbiamo il sangue più caldo e quelli sono delle pappe molle, ma io dico che almeno si dimostrano civili e sono comprensibili.

Inoltre, ubbidiscono e rispettano i loro moderatori. Se hanno a disposizione tre minuti per parlare, tre minuti sono. Punto e basta. Inoltre, non interrompono chi parla, non gli gridano addosso, non lo contraddicono mentre ancora sta parlando e non lo insultano e non gli danno del bugiardo. Se poi sono smentiti o ridimensionati, sparano le prossime cartucce.

Le discussioni sono normali, perché ognuno di noi ha la sua testa, la sua preparazione, le sue convinzioni. Succedono nelle famiglie fra sposi, genitori e figli, nelle scuole e negli uffici fra colleghi, nelle chiese fra fratelli in fede. Niente di male. Il male è quando una discussione diventa una specie di partita di pugilato verbale e una lotta per sostenere un punto di vista senza badare a quello degli altri. E finisce in una litigata non risolta.

Per discutere bene, bisogna, prima di tutto, partire con l’intenzione di trovare un accordo. Se si è credenti, è una buona idea pregare (almeno mentalmente) prima di cominciare e ricordare che si è alla presenza del Signore.

Poi si deve imparare a ascoltare e cercare di capire il punto di vista dell’altro. Senza offendersi, inalberarsi e spazientirsi. Questo, a volte, è difficile perché l’interlocutore la fa un po’ troppo lunga, la prende da Adamo e Eva e non viene al dunque. Oppure parte arrabbiato e belligerante, come un galletto litigioso…

Però, una volta capito il suo punto di vista, si deve rispondere con calma e cercare qualche punto in cui dare ragione all’avversario per poi esporre il proprio punto di vista. Importantissimo: spiegarsi in modo da essere capiti. A volte si arriverà a un accordo.

Altre volte bisognerà decidere che d’accordo non si è, ma non se ne farà una ragione di discordia interminabile. Anzi, si dovrebbe cogliere l’occasione per chiedersi reciprocamente perdono, dato che il torto non è mai da una parte sola. Una volta chiesto e concesso il perdono, il problema è chiuso. Ognuno forse resta della sua opinione, ma non se ne parla più. Non si tirano fuori le cose messe a riposo.

Purtroppo ci sono invece sposi che portano avanti discussioni, che in realtà sono crucci e offese, per anni e non trovano pace. Altri dicono che ci mettono una pietra sopra, ma sotto la pietra ci mettono la dinamite. Altri si separano o non si parlano per mesi.

Perfino i discepoli discutevano fra loro su chi fosse il maggiore. Forse uno diceva che era credente da più tempo e perciò aveva più conoscenza, un altro che aveva ascoltato con più attenzione il Signore, un altro che era parente di Gesù, un altro che quando camminavano da un villaggio a un altro aveva portato i fagotti più pesanti. Tutte cose inutili.

Cosa disse loro il Signore? “Chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore, e chiunque di voi vorrà essere primo, sarà vostro servo, appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Matteo 20:26,27).

La persona con cui abbiamo delle divergenze non deve mai diventare un nemico, ma uno a cui proviamo di fare del bene. Che ne so? Offire la pietanza favorita al marito brontolone, una rosa regalata alla cognata difficilina, un bigliettino pieno di affetto al figlio ribelle, un “ti voglio bene” a una collega scorbutica. Fate un po’ voi!
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