Non si poteva finire meglio!



Se l’avessi pianificato, non credo che sarebbe mai capitato così bene!

L’ultima qualità del “Bambino”, che è nato a Betlemme per noi e per la nostra salvezza, che è descritto nel capitolo 9 di Isaia e ci ha accompagnati tutto il mese, cade esattamente il 31 dicembre, ed è “Principe della pace”! Che meraviglia!

Facciamo un piccolo ripasso. Un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, il dominio riposerà sulle sue spalle. Sarà chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno. E oggi: Principe della pace.    

L’altro giorno, Guglielmo e io guardavamo RAInews e, a un certo punto, ci siamo detti: sembra l’enciclopedia delle disgrazie! Inondazioni, disastri, omicidi, terremoti, arresti di personaggi, corruzione di politici e crolli di autostrade. Possibile che non avessero neppure mezza buona notizia da dare, tanto per mettere una pennellata di rosa nel panorama mondiale?

Veramente non viviamo tempi facili, anche se tutti parlano di pace. Pace in terra. Pace nelle famiglie. Pace a destra e pace a sinistra. Ma la pace non c’è.

Eppure il Bambino nato a Betlemme è venuto nel mondo per fare la pace e rendere possibile la pace. Egli è l’unico che ha potuto farlo!

Prima di tutto, ha reso possibile la pace fra l’uomo e Dio, diventando il nostro sostituto sulla croce. Lì si è caricato di ogni peccato che è stato mai commesso, ed è morto al nostro posto. Sulla croce ha pagato la pena di ogni peccato ed è diventato peccato per noi.

L’Apostolo Paolo, scrivendo a dei pagani, che vivevano a Efeso e si erano convertiti a Cristo, ha detto: “Ricordatevi che … eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinaza di Israele e estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo (cioè, eravate lontani da Dio e non lo conoscevate. Non conoscevate neppure la legge che Dio aveva data agli Ebrei!). Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo. Lui, infatti è la nostra pace; lui che dei due popoli (Giudei e stranieri) ne ha fatto uno solo … facendo la pace e per riconciliarli tutti e due con Dio in un corpo unico mediante la croce, sulla quale fece morire l’inimicizia.  Con la sua venuta ha annunciato la pace a voi che eravate lontani e la pace a quelli che erano vicini…” (Lettera agli Efesini 2:11-18).

Chi crede in Cristo trova la pace con Dio e gode il favore di Dio, che non ha meritato. In più, dato che Cristo ha pagato per ogni suo peccato, non solo è graziato, ma addirittura Dio lo vede anche giusto. “Giustificati per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Lettera ai Romani 5:1). Incredibile!

Ma non finisce qui! Gesù ha detto ai suoi discepoli, spaventati in vista della sua morte, e dice anche a noi che abbiamo accettato il dono della sua grazia: “Vi lascio pace, vi do la mia pace. Io non do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” (Giovanni 14:27).

Troppo bello per essere vero? Eppure è vero!
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Sarà chiamato “Padre eterno”



Come si può chiamare “Padre eterno” un bambino appena nato? In natura non è comprensibile (vi immaginate la meraviglia dei medici e dei genitori se un bambino nascesse con la barba?) e, secondo gli schemi della nostra mente limitata, è inconcepibile. Ma per Dio è possibile.

Il “Bambino” nato a Betlemme, era Dio stesso incarnato ed era “Figlio donato” e “Padre eterno”. Che meraviglioso mistero!

Gesù si è differenziato da suo Padre e ha dichiarato costantemente la sua dipendenza da Lui, ma, allo stesso tempo, ha potuto dire che Lui e il Padre erano (o meglio, sono) uno (Giovanni 10:30). E aggiungeva: “Chi vede me, vede il Padre” (Giovanni 12:45).

Perciò, il Bambino profetizzato poteva benissimo essere chiamato “Padre eterno”, perché era stato da sempre Dio e con Dio e aveva tutte le qualità di Dio.

In Gesù “abita corporalmente la pienezza della Deità” (Colossesi 2:9), ha dichiarato l’Apostolo Paolo e Gesù stesso non ne ha fatto mistero. Non per niente, si è presentato come “l’Eterno” agli Ebrei che lo ascoltavano e ha affermato: “Prima che Abramo fosse nato, IO SONO (cioè esistevo) (Giovanni 8:58). In altre parole, io sono l’Eterno.

E, quando le guardie sono entrate nel giardino per arrestarlo, Egli ha chiesto: “Chi cercate?”.

Alla risposta, che stavano cercando Gesù di Nazaret, il Signore ha detto: “Sono io” (ovvero “Eterno”). E quelle sono cadute dallo spavento.

Isaia dice esattamente questo del Messia: il Bambino sarà Dio, avrà le qualità dell’Eterno dell’Antico Testamento. Sarà il buon pastore, come l’Eterno è il Pastore che “pascerà il suo gregge, raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano” (40:11).
“Tu, Signore, sei nostro padre, e il tuo nome, in ogni tempo, è Redentore nostro” (63:16).

Mentre era sulla terra Gesù ha detto “Io sono il buon Pastore”, come mio Padre è pastore. Mio Padre è luce e io sono la luce del mondo. Mio Padre è vita e io sono la vita. Mio Padre è verace e fedele. Io sono la verità, non mento, non cambio.

Mio padre è pietoso e si ricorda che le sue creature sono fragili e ne tiene conto (Salmo 103:13) e io dico a chi è stanco e oppresso: “Vieni a me, e ti darò riposo”.

Mio padre è re e io “darò incremento all’impero e una pace senza fine al trono di Davide e al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora e per sempre: questo farà lo zelo del Signore degli eserciti” (Isaia 9:6). Questo, e molto di più, è quello che farà il Bambino nato a Betlemme.
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Un bambino ci è nato: è Dio potente



Nella nostra comunità evangelica da poco è nata un bambina: Clara. Sembra una bambola. Mangia, dorme, sta bene. Ma quanto è piccola!

Gesù è stato così piccolo, inerme, incapace di fare qualsiasi cosa da solo, alla totale mercé di Giuseppe e Maria. Eppure Isaia nel descriverlo lo chiama “Dio potente”.

In quell’esserino c’era la Persona più forte e più potente che sia mai nata. Era Colui che aveva creato l’universo, che con una parola avrebbe calmato la tempesta, risuscitato i morti, fatto camminare i paralitici, fatto diventare secco all’istante un albero rigoglioso e liberato indemoniati incontrollati e incontrollabili.

Ma non basta: un giorno, che noi non abbiamo ancora visto, diverrà il liberatore del suo popolo, Israele.

Oggi, il popolo d’Israele è odiato e osteggiato. Raramente è oggetto di un elogio da parte della stampa. Perfino il terribile olocaustro degli anni ’40 e minimizzato.  

La Bibbia dice che sarà così fino al giorno in cui Israele non si pentirà delle sue infedeltà.

Neemia ne ha parlato in una preghiera riportata nel capitolo 9 del suo libro, scritto poco più di quattro secoli prima della venuta del Messia. Leggila per intero. Ne vale la pena.

Per la sua infedeltà il popolo era stato deportato a Babilonia e finalmente aveva ottenuto il permesso di tornare nel suo paese, non come popolo libero, ma con la possibilità di ricostruirsi il tempio e le mura di Gerusalemme. A ricostruzione terminata lo stato spirituale del popolo, però, non era granché migliorato.   

Neemia ne parla in preghiera al Signore e ricorda le benedizioni ottenute e il benessere goduto. “Per quarant’anni nel deserto, davi loro il pane dal cielo quando erano affamati e facevi scaturire l’acqua dalla roccia quando erano assetati… ma i nostri padri si sono comportati con superbia irrigidendo i loro colli e non ubbidendo ai tuoi comandamenti… ma tu sei un Dio pronto a perdonare, misericordioso, pieno di compassione, lento all’ira e di gran bontà… hai dato loro regni e popoli … sono diventati padroni di città fortificate... sono vissuti in delizie per la tua gran bontà.

“Ma essi hanno disubbidito, si sono ribellati contro di te, si sono buttati la tua legge dietro alle loro spalle, hanno ucciso i loro profeti che li scongiuravano di tornare a te…Perciò tu li hai messi in mano ai loro nemici… E oggi eccoci schiavi!”

Dopo quattro secoli che questa preghiera è stata innalzata da Neemia è nato il Messia promesso, il Liberatore. Ma il Bambino nato a Betlemme è stato respinto.

Nonostante tutto, l’Iddio potente ha ancora preservato il suo popolo. Le sue promesse Lui le mantiene!

Gli Ebrei sono l’unico popolo dell’antichità che ha conservato le sue caratteristiche etniche e religiose. La sua esistenza è, in se stessa, una prova della fedeltà dell’Iddio onnipotente, che continuerà a preservarlo.

Fino a quando? Finché, dopo altre tremende persecuzioni non si adempirà un’altra profezia, quella scritta dal profeta Zaccaria: “Spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di supplicazone; ed essi guarderanno a me, a Colui che essi hanno trafitto e ne faranno cordoglio come si fa per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange un primogenito” (12:10).

“In quel giorno vi sarà una fonte aperta per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme, per il peccato e l’impurità” (13:1).

“Il Signore sarà re di tutta la terra; in quel giorno il Signore sarà l’unico, e unico sarà il suo nome” (14:9).

Che giorno straordinario sarà! “Il Bambino” che ci è nato, sarà finalmente riconosciuto come Dio potente!
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Un bambino ci è nato. È un consigliere ammirabile



Quando ero bambina mi dicevano spesso: “Tu non puoi capire!”.

Così ho deciso che non avrei chiesto più spiegazioni e me le sarei date da sola. Di conseguenza, per me, un “maresciallo” era uno che stava in mezzo al mare, in piedi su uno scoglio, avvolto in uno sciallo e il bucato non era la biancheria lavata di fresco e pulita, ma un grande lenzuolo con un immenso buco nel mezzo (en passant, non vi pare che sia una buona idea rispondere saggiamente ai vostri bambini e ai vostri nipoti, quando vi chiedono spiegazioni?). Ma andiamo avanti.

Il Bambino, il Messia, nato a Betlemme di cui ha profetizzato Isaia (9:5), è chiamato anche “Consigliere ammirabile”.

Nel post della volta scorsa abbiamo accennato al fatto che Gesù si è “autolimitato” mentre era sulla terra.

Un modo, che non ho nominato e in cui lo ha fatto, è che, crescendo, ha imparato a funzionare come un bambino qualsiasi.

Il Vangelo di Luca dice che quando era piccolo “cresceva e si fortificava; era pieno di sapienza e la grazia di Dio era su Lui” (2:40) e che da adolescente “cresceva in sapienza, in statura e in grazia, davanti a Dio e agli uomini” (2:52).

Non è incredibile? Che figlio fantastico deve essere stato!

Si sviluppava come un ragazzo normale e, allo stesso tempo, era Dio stesso incarnato, nel quale, secondo l’Apostolo Paolo, “erano nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza” (Colossesi 2:3). La nostra mente esplode nel pensarci!

Dio è il nostro migliore consigliere. Giobbe diceva: “In Lui stanno la saggezza e la potenza, a Lui appartengono il consiglio e l’intelligenza” (12:13). 

Oggi, Gesù ci consiglia in tre modi: per mezzo della coscienza, della sua Parola e col suo Spirito Santo.

La coscienza ce l’abbiamo tutti ed è una vocetta tranquilla e sommessa. Spesso accende delle piccole luci rosse, per avvertirci quando sbagliamo. Ma, purtroppo,  spesso non l’ascoltiamo e il più delle volte, la nostra coscienza è così distorta dalla mentalità del mondo in cui viviamo, che non ci rendiamo neppure conto che Dio ci stia dicendo qualcosa.

“Lo fanno tutti… i tempi cambiano… la mentalità è diversa…” diciamo e la trascuriamo.

Molto spesso Gesù ci parla, per mezzo della sua Parola.

Mi dici che non la leggi? Beh, se hai letto fin qui questo post, qualcosa della Parola di Dio, lo hai letto!

Oppure, permettimi una domanda: “Dici mai il «Padre nostro»”? Anche quella è Parola di Dio e ti posso dare nome e indirizzo per trovarla nel Vangelo di Matteo.  

Per esempio se dici: “Dacci oggi il pane quotidiano” e mangi pane e companatico, ti ricordi di dire “grazie”?

Oppure reciti: “Perdona i nostri debiti, come noi perdoniamo ai nostri debitori” e ti viene in mente qualcuno a cui dovresti chiedere perdono o che dovresti perdonare. Lo fai?   

Infine c’è un “qualcosa” che, quando sei da solo, ti dice che non sei proprio a posto, che hai bisogno di Dio, che un giorno gli dovrai rendere conto?

Sai chi è che ti parla? È lo Spirito Santo. Gesù ha detto che è il suo sostituto, il quale ha il grande compito di convincere le persone del loro grande bisogno di Dio. Lo ascolti? I suoi consigli sono molto utili e seri!
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Il bambino, che ci è nato, sarà un dominatore



La profezia di Isaia 9:5, di cui abbiamo già parlato da più di una settimana, continua dicendo: “Un bambino ci è nato… il dominio riposerà sulle sue spalle”.

In che senso Gesù sarebbe stato ed è stato un “dominatore”? Lui che, sulla terra, non aveva una casa che potesse dire sua, che non aveva un luogo in cui posare il capo, che ovunque andasse era osannato da alcuni e disprezzato da molti? Lui che la Lettera agli Ebrei afferma che è stato tentato in ogni possibile maniera e che ha sofferto più di chiunque altro (4:15)?

In realtà, è stato un dominatore. Per prima cosa, ha scelto di dominare se stesso, di umiliarsi e di venire sulla terra come un servo, uno schiavo. E non è poco.

Nella Lettera ai Filippesi è detto: “Gesù Cristo, il quale pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò (annullò) se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte sulla croce” (2:6-8). Lasciare la gloria e la perfezione e accettare di vivere in un terra imperfetta, sporca e puzzolente è stato un atto di straordinaria rinuncia ai propri diritti. E lo ha fatto per tutto il tempo in cui è vissuto sulla terra! Nulla lo obbligava: lo ha fatto per te e per me!

Ma non basta: prendendo un corpo ha accettato di crescere come un bambino qualsiasi, di rinunciare alla sua onnipresenza. Si è autolimitato obbligandosi a vivere in quel fazzoletto di terra che era la Palestina, Lui che aveva creato ogni cosa.

Non ha rinunciato alla sua onniscienza, ma non ne ha fatto uno spettacolo. Vedeva esattamente quello che il suoi contemporanei pensavano, e niente gli sfuggiva (sapeva perfino che un certo pesce, in un certo momento avrebbe avuto in bocca una moneta!), ma si è autolimitato anche nella sua onniscienza. Per esempio,  dicendo che solo il Padre conosceva il momento in cui avrebbe stabilito il suo regno sulla terra (Marco 13:32).

Si è autolimitato quando è stato processato, umiliato, deriso, tradito. Non ha aperto la sua bocca.

Quando, dunque, verrà il momento in cui “il dominio riposerà sulle sue spalle”? Quando si avvererà la profezia di Isaia?

Quando lo deciderà insieme a suo Padre. Dopo tutto, è il Signore e fa quello che gli piace. Nel Salmo 2:8,9, Dio parla al Figlio: “Chiedimi e io ti darò in eredità le nazioni e in possesso le estemità della terra. Tu le spezzerai con una verga di ferro: tu le frantumerai come un vaso d’argilla”.

Il giudizio, un giorno, sarà messo nelle mani del Figlio (di quel “Bambino”, nato a Betlemme, cresciuto, morto, risuscitato e glorificato), per giudicare le nazioni e per stabilire il suo regno di giustizia e di pace.

E lo sapete? Con Lui regneranno anche coloro che avranno creduto in Lui come Salvatore, lo avranno riconosciuto come Signore.

Una grandiosa prospettiva, non vi pare? 
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Un figlio ci è stato dato


Verso la fine del suo ministero terreno, Gesù raccontò una parabola a un gruppo di religiosi del suo tempo. Era gente che conosceva molto bene le profezie dell’Antico Testamento, anche quelle di Isaia. Erano uomini che lo odiavano e lo volevano morto.

Ecco la parabola in riassunto. Un padrone diede in affitto la sua vigna a dei vignaioli e poi partì per un lungo viaggio. A un certo punto, mandò dei servi per ricevere il frutto della sua vigna dai coltivatori, ma questi li malmenarono e ne uccisero alcuni.

Mandò altri servi. Stesso trattamento.

“Manderò mio figlio, lo rispetteranno” disse fra sé.

I vignaioli uccisero anche il Figlio.

“Quando verrà il padrone stesso cosa farà?” chiese Gesù retoricamente, concludendo la parabola. La risposta era ovvia. Li punirà e darà la vigna ad altri.

Infatti la conclusione di Gesù fu proprio: “Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. Chi cadrà su questa pietra rifiutata (Lui stesso) sarà sfracellato ed essa stritolerà colui sul quale cadrà” (Matteo 21:44,45).

In questa parabola c’era molto della storia del popolo di Israele ribelle e caparbio. Era stato scelto per essere il testimone del vero Dio fra gli altri popoli e aveva una “vigna” in affitto, cioè viveva nella Terra Promessa, da cui avrebbe dovuto diffondere la Parola di Dio.

Ma fu ribelle nei riguardi di Dio e dei suoi servi, i profeti e coloro che predicavano la legge del Signore. Quando, in un momento preciso della storia, Dio mandò sulla terra, in Palestina, suo Figlio stesso. Lo uccisero.

Isaia aveva appena scritto “un bambino ci è nato”. Lo Spirito Santo lo spinse a aggiungere subito “un figlio ci è stato dato” (9:5). Secoli prima che accadesse, scrisse quello che l’evangelista Giovanni ha raccontato e che Gesù ha confermato, dicendo a un religioso del suo tempo: “Iddio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).

Paolo lo conferma: “Quando giunse la pienezza del tempo (ovvero quando i tempi furono maturi), Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge” (Galati 4:4).

Gesù venne sulla terra. Con la sua vita perfetta dimostrò di essere Dio, compì tutto ciò che la legge di Dio ordinava, adempì le profezie che erano state scritte su Lui in passato. Chiamò il suo popolo al ravvedimento e fu respinto.

Morì al posto dell’umanità peccatrice e oggi estende il suo invito alla salvezza a chiunque si rivolge a Lui con fede.

“Venite a me voi tutti…” dice. Lo senti? Non lo respingere.
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“Un bambino ci è nato”



So che il Papa ha scritto un libro sull’infanzia di Gesù, ma non l’ho letto. Non so cosa si sarà potuto inventare, dato che i Vangeli dicono ben poco al riguardo.

Tutto quello che si sa è che Gesù è nato a Betlemme, è stato circonciso quando aveva otto giorni, come prescriveva la legge di Mosè, è andato in Egitto con Giuseppe e Maria, per sfuggire a quella che poi è stata chiamata “la strage degli innocenti”, voluta da Erode, per sbarazzarsi di un possibile contendente al trono.

Si sa che Gesù è cresciuto come un bambino qualsiasi, che è vissuto a Nazaret e che a 12 anni è andato a Gerusalemme e ha avuto un incontro molto interessante con i dottori della legge nel tempio. Che fino all’età di 30 anni è stato “il figlio del falegname”.

È vero che ci sono delle leggende che anch’io ho sentito raccontare a scuola dalle mie maestre. Ma non penso che il Papa, nonostante la sua età avanzata, ci creda!

Per esempio? Si racconta che, mentre fuggiva in Egitto, delle guardie romane fermarono Giuseppe, che guidava l’asino su cui Maria cavalcava, tenendo Gesù in braccio.

“Che cosa hai lì?” chiesero minacciose.

“Fiori!” rispose Maria (ve la immaginate la Madonna immacolata che dice una bugia, anche se, natualmente, a fin di bene?).

“Fa’ vedere!” urlarono.

Maria aprì il mantello ed ecco: c’era un magnifico mazzo di fiori!

“Potete andare!“ dissero le guardie.

Maria richiuse il mantello e i fiori diventarono… “Gesù Bambino”. Santa innocenza!

Poi c’è la storia di Gesù che fece diventare vivi e capaci di volare degli uccellini di creta che aveva formati per gioco, per difenderli dalle unghie, se ricordo bene, di un gatto.

Ma torniamo a Isaia, capitolo 9, che è meglio!

Isaia 9:5 dice: “Un bambino” ci è nato” (v. 5). Gesù era maschio e anche questo ha un peso.

Il primo uomo creato da Dio, Adamo, ha peccato e, a causa della sua disubbidienza all’ordine di Dio, “Il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte. Così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” spiega  l’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani (5:12).

Era necessario che un altro uomo diventasse un salvatore, “perché se per la trasgressione di uno solo molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti” (5:15).

Doveva essere, però, un uomo perfetto e senza peccato.

Sempre Paolo afferma: “Come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini… affinché come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” (5:18,21).

Non potrebbe essere più chiaro: il primo uomo, Adamo, è stato lo strumento che ha portato la morte e il peccato nella razza umana. Un secondo uomo perfetto, il Figlio di Dio, Gesù Cristo, è stato lo strumento per portare la grazia e la vita alla razza umana decaduta.  

“Un bambino è nato” precisa ancora Isaia.

Gesù era contemporaneamente Dio e uomo. In quanto uomo, ha potuto morire. Come Dio, ha potuto offrirsi come sacrificio perfetto al posto dell’uomo e risuscitare.

Infine, Isaia afferma: “Un bambino ci è nato”. È nato per salvare ogni individuo che compone l’umanità. È nato per te e per me. L’opera di salvezza di Gesù ha valore  universale, ma deve essere accolta per mezzo della fede da ogni individuo.
 
Tu lo hai fatto? Io sì.
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Un bambino ci è nato!



Nessuno sa la data precisa della nascita di Gesù. Forse ha avuto luogo in primavera, forse in autunno. Si sa solo, dal Vangelo di Luca, che è avvenuta nell’anno del censimento ordinato dall’Imperatore Cesare Augusto, al tempo in cui Quirinio governava la Siria.

Dato che non c’è stata mai sicurezza sulla data di nascita di Gesù, la chiesa ufficiale ha scelto arbitrariamente la data del 25 dicembre e attorno a tutto l’evento si è sviluppata una cornice di tradizioni e leggende popolari sdolcinate e quasi  strappalacrime. Come il freddo, il gelo, il bue e l’asino, le cornamuse, i presepi. Il tutto accompagnato da cibi speciali. Alberi decorati, luci e comete, luminarie. E chi più ne ha, più ne metta.

Per reazione a tante tradizioni inventate, alcuni gruppi di evangelici e alcune sette hanno deciso che di Natale non si deve neppure parlare. Così da una esagerazione si è caduti faclmente in un’altra.

Sia come sia, il fatto unico, reale e straordinario che Dio si è incarnato miracolosamente nel corpo di Maria, si è sviluppato in lei come qualsiasi altro feto ed è nato come qualsiasi altro bambino dopo nove mesi di gestazione, rimane.

La sua data di nascita non è importante.  È, però, straordinariamente importante che sia nato!

Se non fosse nato, non ci sarebbe salvezza per noi. Gesù è venuto per cercare e salvare ciò che era perito e per dare la sua vita per noi, per morire al nostro posto e rendere possibile la riconciliazione fra Dio e gli uomini. Se non avesse avuto un corpo umano, non avrebbe potuto morire. Se non fosse stato Dio non avrebbe potuto offire un sacrificio perfetto.

La sua venuta non è stata un fatto improvviso e imprevisto. Era stata prevista da tutta l’eternità e annunciata da Dio stesso, subito dopo la caduta di Adamo e Eva nel peccato. Vari profeti ne hanno parlato attraverso i secoli, indicando con precisione il luogo in cui sarebbe nato, il tipo di morte che avrebbe subito, e il tipo di ministero  che avrebbe avuto.

Isaia, vissuto circa 800 anni prima della nascita di Gesù, nel capitolo 9 del suo libro,  per ispirazione di Dio, ha scritto una delle profezie più belle, più complete e più dettagliate sul carattere del “Bambino”, Figlio di Dio, che sarebbe nato e sulle prerogative che avrebbe avuto. Noi parleremo per tutto il mese su ognuna di esse!

Il momento storico in cui Isaia pronunciò questa profezia era difficile (come è difficile quello in cui noi viviamo).

Il peccato dilagava in Israele e il popolo viveva lontano da Dio (esattamente come succede oggi da noi).

Il giudizio di Dio sul suo peccato si stava avvicinando (come Dio afferma che farà anche oggi) .

Le tenebre spirituali erano pesanti (come accade oggi fra la gente che pensa a tutto fuorché a Dio).

Ma la speranza di un Messia liberatore persisteva, perciò il profeta annunciava che “Il popolo che camminava nelle tenebre vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese nell’ombra della morte la luce risplende” (v. 1). Stava per nascere un Liberatore.

Come poteva usare il verbo al presente otto secoli prima? Per Dio il tempo, come lo intendiamo noi, calcolato in giorni, ore e minuti, non esiste. Quello che per noi è un secolo, per Lui è un istante. Egli vive in un eterno presente. Perciò, anche se Gesù sarebbe nato sulla terra molto tempo dopo, Dio poteva dire: ”Un bambino ci è nato… la luce risplende… il popolo vede una gran luce”. 

Oggi noi viviamo dopo l’adempimento di questa profezia. Possiamo  constatarne l’assoluta esattezza. Gesù è venuto come luce del mondo, ha portato la salvezza.

Ma, nonostante questa nostra posizione privilegiata, conosciamo davvero personalmente il Salvatore che è nato, è vissuto come un uomo qualsiasi, è morto per la nostra salvezza, è risuscitato trionfante sulla morte per darci la vita eterna?

Spero di sì. In ogni modo, meditare sulla descrizione del Bambino annunciato da Isaia, ci aiuterà a godere più che mai la bellezza del Natale. 
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Se la mia salvezza non dipende in nessun modo da me …da cosa dipende?



Dalla grazia di Dio!

Nel mio post precedente, ho detto che avrei lasciato la parola all’Apostolo Paolo. Ascoltalo: ha perseguitato i cristiani e ha bestemmiato Dio prima di conoscerlo. Ma è  stato “graziato”. Ora ti parla dalle pagine della Sacra Bibbia.

“È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede: e ciò non viene da voi: è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti” (Lettera agli Efesini 2:8,9).

“Egli (Gesù) ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione (la nuova nascita) e del rinnovamento dello Spirito Santo” (Lettera a Tito 3:5).

“Iddio mostra la grandezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Lettera ai Romani 5:8).

“Colui che non ha conosciuto peccato (Gesù), Dio Padre l’ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in Lui” (Seconda lettera ai Corinzi 5:21).

Non posso aggiungere nulla a un’opera già perfetta. Devo solo crederci!

Come? Non solo con la mente, ma di cuore.

  • Per cominciare, devo credere a quello che dice il Vangelo e solo a quello. Non è possibile essere salvati senza conoscere e credere al Vangelo puro e semplice.
    Gesù ha detto: “Chi ascolta la mia Parola e crede a Colui che mi ha mandato (Dio Padre), ha vita eterna, e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte (ovvero la separazione da Dio) alla vita” (Evangelo di Giovanni 5:24).  
  • Poi, devo essere abbastanza umile da ammettere di essere un peccatore senza speranza. Devo credere che il mio peccato mi separa da Dio e che la paga del peccato è la morte eterna. Non sarà un annientamento finale, ma la separazione eterna da Dio nell’inferno. “La paga del peccato è la morte” (Lettera ai Romani 6:23).
  • Perciò devo arrendermi senza condizioni e stendere la mano come un mendicante per ricevere il dono di Dio.

“La paga del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6:23)

L’Apostolo Giovanni ha scritto nel suo Vangelo: “A tutti quelli che lo hanno ricevuto (cioè che hanno accolto Gesù Cristo credendo in Lui e ciò che ha fatto) Egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome” (1:12).

Gesù stesso ha detto: “Colui che viene a me, non lo  caccerò fuori” (Evangelo di Giovanni 6:37) e “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime, poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Evangelo di Matteo 11:28).


  • Per finire, un ammonimento molto serio: “Come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza?” (Lettera agli Ebrei 2:3).
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