Le sfaccettature di Dio


“Mamma, spiegami Dio!” chiede il bambino che ha sentito parlare di Lui alla Scuola Domenicale e ha capito poco. Ha capito solo che sta in cielo e comanda su tutto. È già qualcosa.

In realtà nessuno può spiegarlo e la Bibbia dice che bisogna credere che “Egli è (cioè esiste) e che ricompensa tutti quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6).   
Quello che noi possiamo fare è esaminare nelle Scritture quello che è detto di 
Lui, le sue qualità e le sue azioni e inchinarci davanti a un Essere infinito, eterno e... incomprensibile, perché tanto più alto di quanto la nostra mente può concepire. Le sue sfaccettature sono infinite e, più si legge la Bibbia, più se ne scoprono.

Per esempio, leggiamo Isaia 40:10,11: “Ecco il Signore Dio viene con potenza, con il suo braccio Egli domina. Ecco il suo salario è con Lui, la sua ricompensa lo precede”.

Dio è un potente Signore che domina, paga giustamente, ricompensa, giudica. Piuttosto severo e intransigente. Un quadro di grande forza, maestà e dominio.

E poi... dalla potenza, la forza e la giustizia, si arriva, di colpo, a una tenerezza infinita. “Come un pastore, Egli pascerà il suo gregge; raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà pian piano le pecore che allattano.”

Un pastore, di solito, è un tipo tranquillo. Ama la campagna, la solitudine. Lavora sodo, ma senza fretta. Le pecore aspettano tranquillamente, non si agitano facilmente. Lui ama le sue pecore, le cura, le protegge, le porta dove c’è erba da mangiare e acqua da bere. Non ha mai bisogno di sgridarle: basta il comando della sua voce e le pecore ubbidiscono...  (come pecore!)

Quando gli agnelli si stancano lui li porta in braccio o se li mette in spalla. Ha un occhio speciale per le  pecore che allattano e le fa camminare pian pianino. 

Queste brave mamme devono essere trattate con tutti i riguardi. Non devono essere messe in agitazione. Potrebbero perdere il loro latte!

Dio è così: tenero e severo. Giusto e amorevole. Fermo e comprensivo. Paziente e intransigente. Fa ciò che vuole e, allo stesso tempo, ascolta le nostre richieste. Punisce e perdona. Non è mai incoerente con le sue qualità, ma tutte le sue qualità sono in perfetto equilibrio fra loro. Nessuna di esse, ne sminuisce o danneggia un’altra. Meraviglioso! E piuttosto incomprensibile.

Pare che chi taglia i diamanti debba avere la mano ferma, l’occhio vigile, precisione assoluta e conoscenza della pietra su cui sta lavorando. Noi siamo diamanti molto grezzi da cui Dio sta tirando fuori quacosa di prezioso.  A volte, abbiamo la pretesa di dirgli come dovrebbe trattarci e quasi gli vorremmo insegnare il suo mestiere. Alcuni predicatori arrivano a dire che dovremmo addirittura essere prepotenti con Dio e esigere quello che gli chiediamo. Che impertinenza!

Lasciamolo lavorare e se, a volte, la sua mano ci sembra un po’ pesante, ricordiamo che, molto presto, la userà per accarezzarci teneramente e per prenderci in braccio come agnelli ... stanchi.
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Le sue mani sono ancora tese


Parliamo ancora del Dio dell’Antico Testamento, che ingiustamente è considerato da tanti crudele e sanguinario. Ecco come ne parla Isaia, un profeta vissuto più di 700 anni prima di Cristo.

Nel capitolo 63 del suo libro c’è una descrizione concentrata delle qualità dell’Eterno.

v. 7 -  “Io voglio ricordare la BONTÀ del Signore ... considerando tutto quello che il Signore CI HA ELARGITO... ricorderò il GRAN BENE CHE HA FATTO... alla casa d’Israele, secondo la sua MISERICORDIA e secondo l’abbondanza della sua BONTÀ”.

Dunque: un Dio buono, generoso, pietoso e tenero. Sarebbe sufficiente, ma c’è di più,

v.8, 9 – “Egli aveva detto: «Certo essi sono il mio popolo, i figli che non mi inganneranno». Fu il loro SALVATORE in tutte le loro angosce ... fu Lui stesso a SALVARLI;  nel suo AMORE  e, nella sua BENEVOLENZA,  li REDENSE, se li PRESE SULLE SPALLE e li PORTÒ tutti i giorni del passato”.

Ecco: è  un Dio che salva, che ama di un amore attivo, redime, sostiene e guida.  Che cosa si potrebbe desiderare di più?

Purtroppo il popolo fu disubbidiente e ingrato e l’ingratitudine offende il Signore.

v.10 – “Ma essi furono ribelli, contristarono il suo Spirito Santo; perciò Egli si mutò...” e li dovette punire. Di chi è, allora, la colpa se Dio dovette correggerli, come un padre giusto, che non chiude un occhio sul peccato per il bene dei suoi stessi figli e che, nonostante tutto, rimane sempre un Padre?

Il Signore ama il suo popolo scelto di un amore eterno e, sempre nel libro di Isaia, dice con tristezza: ”Ho steso tutto il giorno le mani verso un  popolo ribelle, che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri...” (65:2) e continua a farlo.

2000 anni fa, Il Salvatore è venuto in casa sua (in Israele) e “i suoi non l’hanno ricevuto” (perciò  l’offerta di amore e redenzione è passata anche ai non Ebrei): “Ma a quelli che l’hanno ricevuto ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome” (Giovanni 1:12).

La mano di Dio è ancora stesa verso il suo popolo eletto e continuerà a esserlo, finché non si ravvedrà. È stesa anche verso di noi. Oggi, Egli aspetta ancora il ravvedimento di tutti. 
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Non dovrei punire?


Una delle cose più ingiuste (per non dire cretine) che si possono dire della Bibbia è che la sua prima parte, l’Antico testamento, presenta un Dio crudele, vendicativo e sanguinario, mentre il Dio del Nuovo Testamento è buono, paziente e longanime.

In realtà l’Iddio del Vecchio Testamento è lo stesso del Nuovo Testamento. È un Dio santo che detesta il peccato e il male e che promette di giudicarlo.  Non è un Dio meno paziente e amorevole di quello presentato da Gesù e personificato mentre era sulla terra.

Infatti, anche la prima parola pronunciata da Gesù, e trascritta nei Vangeli, quando ha iniziato il suo ministero pubblico di insegnamento, è stata: “Ravvedetevi!” (Matteo 4:17), cioè pentitevi del vostro peccato. Per secoli, la stessa parola era stata pronunciata dai profeti nell’Antico Testamento e rivolta al popolo d’Israele, il quale disubbidiva a Dio, si ribellava e cadeva nell’idolatria più grossolana.

Il Signore Gesù è venuto per esprimere l’amore di Dio per l’umanità colpevole e per espiare la colpa del peccato e salvare i peccatori, è vero. Ma, allo stesso tempo, ha parlato molto più di condanna eterna per i peccatori che delle gioie del cielo. Ha nominato il paradiso solo una volta, promettendolo, mentre era sulla croce, al ladrone che si era pentito.

Gesù ha mostrato grande amore, ma è stato molto fermo riguardo al peccato. “Se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo!” ha detto ai suoi discepoli che gli parlavano di altri peccatori, che erano periti in circostaze drammatiche.

Dio odia il peccato, ma ama e mostra grande pazienza verso i peccatori. Ha deciso di fare una grande piazza pulita per mezzo del diluvio universale, agli inizi della terra, ma, dopo averlo annunciato a Noè ha pazientato per più di 120 anni, prima di scatenarlo. A un certo punto decise di punire il suo popolo d’Israele che era diventato infedele, ma non lo punì immediatamente. Lo avvertì per più di 350 anni, prima di farlo e darlo nelle mani del re di Babilonia.

C’è da chiedersi quanti anni ancora pazienterà prima di giudicare definitivamente questo nosro pianeta e i suoi abitanti. Non lo sappiamo, ma quello che ha promesso di fare lo farà.

Geremia, un profeta che visse proprio prima dell’invasione del re di Babilonia, supplicò il popolo di pentirsi e di tornare a Dio. Il quadro che egli fa del Signore è tutt’altro che quello di un Dio crudele.

Lo descrive come Creatore e Signore, sovrano assolutamente giusto, riportando le parole che Dio stesso gli suggeriva: “Io ho fatto la terra, gli uomini e gli animali con la mia gran potenza e col mio braccio disteso; io do la terra a chi voglio” (27:5), “quello che l’argilla è in mano al vasaio, voi lo siete nella mia mano, casa d’Israele! A un dato momento, io parlo riguardo a una nazione, riguardo a un regno di sradicare, di abbattere e di distruggere, ma se quella nazione contro la quale ho parlato si converte della sua malvagità, io mi pento [cambio atteggiamento] del male che avevo pensato di farle” (18:6-8).

Dio è Colui che vede ogni cosa: “Potrebbe uno nascondersi in luogo occulto, in modo che io non lo veda? dice il Signore. Io non riempio forse il cielo e la terra?” (23:24).

È un Dio che ama il suo popolo: “Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà” (31:3), e che ha piani buoni per chi lo cerca: “Io so i pensieri che medito per voi, pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza” (29:11).

È chiaro che un Dio onnipotente e Signore ha il diritto anche di richiedere l’ubbidienza e esorta: “Cambiate le vostre vie e le vostre opere... non ponete la vostra fiducia in parole false. Se cambiate veramente le vostre vie e le vostre opere, se praticate sul serio la giustizia gli uni verso gli altri... allora vi farò abitare in questo luogo, nel paese che diedi ai vostri padri” (7:1-15). 

È stato ascoltato? No. Perciò Dio chiede con grande drammaticità: “Non dovrei punire?... Cose spaventevoli e orribili si fanno nel paese: i profeti profetizzano bugiardamente, i sacerdoti governano agli ordini dei profeti e il mio popolo ha piacere che sia così. Che cosa farete voi quando verrà la fine?” (5:29-31).

Oggi il male dilaga. Non sentiamo parlare che di corruzione, crimine, violenza. Troviamo che Dio sia ingiusto e crudele se si chiede: “Non dovrei punire?...Cosa farete voi quando verrà la fine?”.
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Raditi la barba... Stai sdraiato per 80 giorni...


“Tu, figlio d’uomo, prendi una spada affilata, un rasoio da barbiere, prendila e fattela passare sul capo e sulla barba (gli Ebrei alla barba tenevano molto!); poi prendi una bilancia da pesare e dividi i peli che avrai tagliati. Bruciane una terza parte nel fuoco in mezzo alla città quando i giorni dell’assedio saranno compiuti; poi prendine un’altra terza parte e percuotila con la spada attorno alla città; disperdi al vento l’ultima terza parte, dietro alla quale io sguainerò la spada.”.

Questo lo strano ordine dato da Dio a Ezechiele (5:1,2).  Ma non finiva qui. Il profeta doveva prender anche una piccola parte dei peli e legarla alla sua veste, un’altra doveva bruciarla nel fuoco... e così via, per avvertire Gerusalemme del giudizio incombente.

Il Signore chiedeva cose molto strane ai suoi profeti. Allo stesso Ezechiele ha chiesto, qualche tempo prima di fare tutte quelle operazioni sulla sua barba, di stare sdraiato su un fianco per quaranta giorni e poi sull’altro per altri quaranta per indicare quanti anni sarebbe durato l’assedio della città. Ezechiele fu spaventato da un ordine simile e da altri particolari pesanti che potete leggere nel cap. 4 del suo libro, ma ubbidì.

Se Dio ci chiedesse qualcosa di simile, come reagiremmo?

Sento la risposta: “Noi viviamo nel periodo della grazia, del perdono, della pazienza di Dio! Siamo salvati per grazia e non per le opere della legge! Dio è amore”.

Tutto vero. Grazie a Dio, Egli non ci fulmina per un peccato, come è successo a quel tale, al tempo di Davide, che ha toccato l’arca del patto perché non cadesse dal carro (su cui era trasportata e sul quale non avrebbe dovuto essere messa), o come è avvenuto a Anania e Zaffira che, agli albori della chiesa, hanno mentito ipocritamente allo Spirito Santo e sono morti all’istante (anche per il loro giudizio si trova subito la spiegazione: erano gli inizi della chiesa primitiva e Dio si manifestava in modo eclatante).

Certo: Dio è paziente e oggi trattiene ancora il suo giudizio (anche se la crisi e il disordine in cui viviamo, dovrebbero avvertirci che la sua pazienza sta finendo), ma questo non ci esclude dall’ubbidienza ai suoi ordini e dal prendere alla leggera la sua volontà.

Per esempio: “Non abbandonate la vostra comune adunanza” è detto nella Lettera agli Ebrei. Il che, in poche parole, significa, “andate fedelmente alle riunioni della vostra chiesa locale”. Non limitatevi a frequentare il culto della domenica mattina, siate presenti anche alle riunioni di preghiera e di studio biblico.

Questi ultimi particolari e li ho aggiunti io, perché mi sembrano importanti, perché troppo spesso si sentono mille scuse. “Siamo stanchi... non si trova parcheggio... i bambini si annoiano... c’è la partita: gioca l’Italia...”.

Ezechiele non ha risposto così agli ordini impegnativi di Dio. E neppure Geremia. Di questo parleremo alcune volte.

Adesso, ciao, e che vinca l’Italia, anche se, forse, non potremo stare davanti alla TV per fare il tifo!
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Signore, aprici!


“Oh, mamma!” ha esclamato mio marito, con l’aria smarrita.

Si era chiuso la porta dietro le spalle e aveva lasciato in casa le chiavi. Eravamo a casa di nostro figlio, investiti della grande e meravigliosa responsabilità di curare due nipoti, maschio e femmina, per qualche giorno, mentre lui e la moglie erano fuori Roma. Non avevamo un doppione della chiave per riaprire la porta. In più, nostro figlio abita in un appartamento che dà su un cortile erboso (molto carino!), chiuso però da un cancello automatico che si apre dall’interno dell’appartamento.  Eravamo perciò chiusi fuori dalla casa e dentro al cortile. Senza via d’uscita.

Non si vedeva né sentiva un vicino a pagarlo a peso d’oro, per chiedere aiuto. In più, i nipoti sarebbero usciti da scuola e sarebbero rimasti fuori all’altro lato del cancello.

Chiamo i Vigili del Fuoco e mi rispondono i Carabinieri (evidentemente avevo sbagliato numero).

“In cosa possiamo aiutare?”  

“Siamo chiusi fuori di casa...”

“Signora, in questo non possiamo intervenire... La metto in linea coi Vigili del Fuoco!” (meno male!).

“Pronto!”

“Siamo chiusi fuori di casa, potete aiutarci?”

“È casa sua?”

“No, di nostro figlio che è fuori Roma, a Napoli...”

“Noi possiamo entrare solo nella residenza di chi ci chiama...”

“Ma siamo anche chiusi nel cortile... Non possiamo neppure chiamare un fabbro...”

“Il cancello lo possiamo aprire... Stia tranquilla. Veniamo appena possibile!”

Abbiamo aspettto un bel po’ (almeno così ci è sembrato). Finalmente eccoli! Aprono il cancello in un momento ed è già qualcosa.  Sono gentilissimi e vedono la nostra situazione. Trovano un rimedio. Possiamo rientrare! La nostra peripezia si conclude felicemente. Siamo anche in tempo per andare a prendere i ragazzi a scuola.

Essere chiusi fuori di casa è brutto, ma finché c’è vita c’è speranza (nei Vigili del Fuoco).

Però non ci sono sempre i Vigili del Fuoco. La Bibbia racconta, nel Libro della Genesi, di una situazione orrenda in cui una porta fu definitivamente chiusa. L’umanità, allora, era violenta e perversa, come oggi, e Dio decise di punirla con un diluvio che avrebbe distrutto tutto e tutti.

Dio avvisò dei suoi piani Noè, un vero credente in Lui,  e gli ordinò di costruire un’arca. Noè, “mosso dal timore di Dio”, come racconta la Bibbia, credette a ciò che Dio gli aveva detto e si mise al lavoro. Un lavoro che durò circa 120 anni. Mentre lavorava, avvertiva la gente del pericolo che si avvicinava. I suoi compaesani lo videro costruire l’arca, che sarebbe stato l’unico mezzo di salvezza anche per loro, ma, invece di ascoltarlo, lo presero in giro.

Poi, nel momento scelto da Dio, Dio stesso fece entrare nell’arca Noè, la sua famiglia e ogni specie di animali e chuse la porta. Venne il diluvio, perì tutto il genere umano di allora. Possiamo immaginare lo spavento di quella gente, quando vide cadere le prime gocce?

Ma non c’era nulla da fare. Solo Noè, sua moglie e i suoi tre figli con le loro mogli si salvarono. La fede ubbidiente di Noè aveva fatto la differenza. 

Il Signore Gesù, secoli più tardi, ha parlato di un’altra porta che sarà chiusa per sempre: la porta del cielo.

In una parabola ha raccontato di dieci vergini che aspettavano la venuta dello sposo. Avrebbero dovuto vegliare e tenere accese le loro lampade a olio e essere pronte alla chiamata. Cinque lo fecero e le altre no. Avevano delle lampade, ma queste erano senza olio.  

Quando finalmente arrivò lo sposo, le cinque donne con la lampada accesa gli corsero incontro e furono accolte. Le altre andarono subito a comprare dell’olio, poi si precipitarono a bussare alla porta dello sposo, dicendo: “Signore aprici!”.

Ma era troppo tardi. La porta si era chiusa per sempre. Questa parabola è nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Leggetela per intero.

Oggi il Vangelo è annunciato ed è possibile ancora credere e ubbidire a quello che Dio dice. L’Apostolo Pietro ha parlato chiaro: “In nessun altro è la salvezza; poiché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12) e “il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa... ma è paziente verso di voi non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti i giungano al ravvedimento” (2 Pietro 3:9).

Perchè non ti dai una mossa?
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Il buon giorno si vede dal mattino


“I miei genitori dicono che questo film io non lo devo vedere” ha detto un’alunna (5.a elementare), che chiamerò Mirella,  alla sua  maestra che voleva proiettare in classe un film con un messaggio piuttosto equivoco dal punto di vista morale e spirituale. I genitori di Mirella sono credenti e fanno molta attenzione a quello che i loro figli vedono, sentono e leggono.

La maestra gentilmente ha cambiato programma e i compagni di classe non hanno lesinato le loro rimostranze. Guardare un film, anziché studiare grammatica e matematica sarebbe stato certamente più piacevole.

Una compagna ha detto a Mirella:  “Mica devi dire tutto a tua mamma! Le dicevi che era un film da ridere!”. Ma Mirella non ha mollato ed è rimasta sulla sua posizione. Ci ha sofferto perché è stata anche presa in giro un po’ da tutti. Ma ha fatto la cosa giusta e ci sarebbe da darle un bel 10 e lode.

È importante inculcare ai figli quello che è giusto o sbagliato. Non come regole aride, ma come principi di vita. Quando due dei nostri figli erano allo Scientifico, la prima volta che la professoressa di scienze è entrata in classe, ha chiesto: “C’è qui quache cretino che crede ancora alla favola della creazione?”.

Due mani (probabilmente un po’ timide) si sono alzate. La professoressa li ha guardati con meraviglia, e forse con disprezzo. Però, in seguito, li ha rispettati perché hanno saputo spiegare con chiarezza la loro posizione. Altri studenti, che si professano credenti, mi hanno detto: “Io al professore dico quello che vuole, anche se so che è sbagliato”.

“Vedrete che la prof vi boccia!” dicevano i compagni ai nostri figli. Non sono stati bocciati.

Nel Libro dei Proverbi è scritto: “Anche il bambino dimostra con i suoi atti se la sua condotta sarà pura e retta” (20:11) e ha molto da dire sui genitori che danno insegnamenti saggi e sui figli che li ascoltano. Oggi questo concetto non è molto popolare, perché si dice che i figli devono fare le loro esperienze e farsi le ossa. Devono capire per conto loro e, se sbagliano, impareranno per esperienza diretta. Se non impareranno a fare bene, impareranno a fare peggio dai loro compagni di galera!

Salomone riporta le parole di suo padre: “Figlio mio, sta’ attento alle mie parole, inclina l’orecchio ai miei detti, non si allontanino mai dai tuoi occhi, conservali in fondo al cuore, poiché sono vita per quelli che li trovano, salute per tutto il corpo. Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita. Rimuovi da te la perversità della bocca, allontana da te la falsità delle labbra. Non girare né a destra né a sinistra, ritira il tuo piede dal male” (4:20-24,27).

“Il  figlio saggio ascolta l’istruzione di suo padre, ma il beffardo non ascolta rimproveri” (13:1). “L’insensato disprezza l’istruzione di suo padre, ma chi tiene conto della riprensione diviene accorto.” “Il figlio saggio rallegra il padre, ma l’uomo stolto disprezza sua madre” (15:5,20).  
“Chi osserva la legge è un figlio intelligente” (28:7).

“L’occhio di chi si beffa del padre e non si degna di ubbidire alla madre lo caveranno i corvi del torrente, lo divoreranno gli aquilotti” (30:17). 

Non è detto che sempre il futuro dei figli sia assicurato anche se i genitori hanno fatto del loro meglio nell’educarli. Purtroppo potrei citare alcuni esempi di figli di servitori del Signore, abbastanza famosi, che hanno tralignato di brutto (a cominciare da Salomone, figlio di Davide, che, a forza di compromessi, ha perso totalmente la testa!).

Ma la lista di figli fedeli, educati da genitori fedeli, che potrei citare è anche molto lunga. In ogni modo, è importante che, come genitori, facciamo del nostro meglio, lasciando fiduciosi il futuro nelle mani di Dio. 
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Dieci lodi per ogni sgridata (magari!)


Io ho avuto modo di ammirare alcune insegnanti americane che ho visto al lavoro nelle loro classi. Non scoraggiavano mai i loro piccoli scolari. Per esempio...

“Chi ha scoperto l’America?” chiede la maestra.

Si alzano almeno dieci piccole mani.

“Jimmy, dillo tu!”

“George Washington!” dice Jimmy trionfante.

“Era un buon tentativo!” commenta la maestra, anziché dire a Jimmy che è un somaro e far ridere gli altri ragazzi. “Proviamo di nuovo! Chi vuole aiutare Jimmy?”

Altre dieci mani alzate.

“Megan, tocca a te” dice la maestra a una bambina.

“Cristoforo Colombo!”

“Grazie! Sì, era proprio Cristoforo Colombo” e va avanti con la sua lezione sul grande navigatore e scopritore.

Jimmy non è stato mortificato, Megan si è sentita lodata e utile perché ha aiutato Jimmy. E la lezione è proseguita.

C’è un Proverbio di Salomone che vale un capitolo di un libro di pedagogia: “Castiga tuo figlio mentre c’è ancora speranza, ma non lasciarti andare fino a farlo morire” (19:18).

Questo non significa, correggere il proprio figlio senza farlo morire a forza di botte. Significa correggerlo giustamente e con moderazione. Non lasciarsi andare fino a farlo morire “dentro”.

Questo succede in tante famiglie che non toccherebbero un figlio né con uno sculaccione o una piuma. Ma lo toccano e lo uccidono con parole o minacce non mantenute.

“Lorenzo, adesso basta! Se non la smetti te le dò!” dice la mamma al bambino che  non vuole fare la sua paginetta di compiti.

Lorenzo continua a giocare a modo suo. Le “totò” promesse non arrivano e la mamma sospira. “Con questo non si cava un ragno dal buco. È troppo testardo! È proprio come suo padre...”

Ma che ci vorrebbe a mettersi seduta con lui e fargli fare i compiti con gentile fermezza? Solo un po’ di pazienza. E che ci vorrebbe, poi, quando arriva papà dal lavoro, dire: “Lorenzo è stato bravo. Guarda come ha fatto bene il compito!”? Invece di sospirare: “Siamo alle solite, questo non vuole studiare... pensaci tu!”.

Oppure, al figlio che non è bravo nello sport, un padre dice: “Tu non vali niente. Non sai neppure correre venti metri senza inciampare, guarda invece tuo fratello, lui sì che sarà un campione!” O, se non capisce un problema di geometria: “Sei un cretino, e finirai solo a zappare!”. O, peggio che mai, come un padre che presentava suo figlio, che aveva creduto in Cristo e voleva vivere una vita sessualmente pulita: “Questo è il mio figlio pederasta!”.

Si può fare morire un figlio mortificandolo e dicendogli che è un buono a niente o anche non dicendogli mai che è bravo e fa bene.

“Puoi fare di più. Hai preso 7, ma con un po’ di impegno poteva essere un 8! A te basta la mediocrità... Tu devi essere il  meglio della classe!”

Non ci vuole molto a uccidere “dentro” un figlio o una figlia. Mi hanno detto di un ragazzo  che è scappato di casa per alcuni giorni. Quando è tornato ha detto semplicemente: “Volevo vedere se mi volevate davvero bene”.

Un bell’egoista che ha fatto morire di spavento i genitori? Certamente.

Ma sarà stata solo colpa sua?
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TALIS PATER


Mio padre era un militare e i suoi soldati dicevano che si faceva ubbidire senza mai alzare la voce. I suoi colleghi si meravgliavano che non dicesse parolacce, quando si irritava. Ma papà era un vero credente e non mi ricordo di avergli mai sentito dire una parola fuori posto. Anzi, era un tipo che sapeva incoraggiare e spronare verso il bene.

Quando ero alle elementari mi portava a fare una camminata prima dell’ora di scuola e io facevo fatica a tenergli dietro (lui aveva delle gambe lunghe e io ero piccolina). Ma ero molto fiera che prendesse del tempo per passarlo con me. Mi piaceva anche la colazione che facevamo insieme in campagna.

Era un uomo che voleva essere ubbidito e che non transigeva. L’unica volta che mi ha dato una sberla è stato quando mi ha scoperta (avrò avuto sei anni!) mentre davanti allo specchio mi mettevo sulle guance la cipria di mia mamma. Da allora non ne ho più usata!

Un buon padre è un’eredità senza prezzo. Lo dice anche Salomone nei suoi proverbi.

“L’uomo buono lascia un’eredità ai figli dei suoi figli” (13:21). Papà è morto quando i suoi nipoti erano molto piccoli. Uno oggi ricorda che il nonno aveva male alle gambe e non poteva camminare e un altro non ha dimenticato il cucchiaino di zucchero con una goccia di caffè che il nonno gli dava. È un po’ poco, come ricordi, ma è meglio che niente. A raccontare di lui, ci penso io!

“C’è grande sicurezza nel timore dell’Eterno; egli sarà un rifugio per i figli di chi lo teme” (14:26). È difficile che un padre dalla fede genuina abbia figli miscredenti.

“I padri sono la gloria dei loro figli” (17:6).

“I figli del giusto, che cammina nella sua integrità, saranno beati dopo di lui” (20:7).

“Da’ retta a tuo padre che ti ha generato e non disprezzare tua madre quando sarà vecchia” (23:22).

È bello poter pensare: “Mio padre non lo avrebbe mai fatto!” quando si è davanti a scelte difficili o  dubbie o “Mia mamma non lo avrebbe mai detto” quando si ha voglia di riportare o di confidare una cosa cattiva.

Un buon padre sa anche correggere e educare.

“Correggi tuo figlio: egli ti darà conforto e procurerà gioia al tuo cuore” (29:12).

“Insegna al ragazzo la via che deve tenere: anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (22:6).

“Chi ama suo figlio lo corregge per tempo” (13:24)

“Castiga tuo figlio, mentre c’è ancora speranza” (19:18), cioè quando la sua mente è ancora ricettiva.  Se aspetti che “capisca”, non ti darà ragione, vorrà fare di testa sua e sarà più pronto a ascoltare i consigli dei suoi amici.  “Un figlio saggio rallegra suo padre, ma un figlio stolto è un dolore per sua madre” (10:1). Ma se sarà “stolto” sarà solo colpa sua?
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